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Cantiere del Cipax
Centro interconfessionale per la pace
Un luogo di pace per ascoltare racconti, scambiare esperienze, costruire il futuro

Attività 2005 2006

Alla confluenza di due mari
Esperienze di musulmani e cristiani a confronto

5 novembre 2005

Le scritture e noi

Intervengono Adnane Mokrani, teologo musulmano e Giuseppe Barbaglio, biblista, introduce e modera P. Thomas Michel SJ, segretario per il dialogo interreligioso della Curia generalizia dei gesuiti

Giorgio Piacentini
Cominciamo questa sera il nuovo ciclo di incontri del Cipax. Siamo contenti che siete tanti. Siamo contenti perché possiamo continuare questo lavoro che realizza uno dei nostri scopi sociali, quello di cercare la pace tra le diverse religioni, di consentire l’incontro tra loro.
Siamo anche contenti di ritrovare tanti amici e tante amiche fedeli e tra loro padre Thomas Michel che ha fatto per noi questo importante libro sulla sfida del dialogo tra cristiani e musulmani, “Alla confluenza di due mari” che dà il titolo generale agli incontri. Oltretutto il programma 2005 2006 è il frutto di un gruppo di incontro che si è costituito presso il Cipax e che si sta interrogando su questi temi. Ultimo motivo di felicità è che oggi è il primo giorno (o il secondo per altri) di Ramadan, e quindi è simbolicamente molto bello cominciare il lavoro proprio in questo giorno. Avete visto che là c’è un tavolo con belle cose da mangiare. Alle 7 meno un quarto, quando è l’ora del tramonto ed i musulmani possono rompere il Ramadan faremo una breve sosta nel nostro programma, per riprendere alle 7. Thomas Michel vi spiegherà il metodo di questi incontri.

Thomas Michel
Buonasera e benvenuti a tutti. Io sono Thomas Michel. Io sono gesuita e in genere insegno negli istituti islamici teologia cristiana e temi islamici a cristiani. L’idea della serie di incontri di quest’anno è arrivata da Beirut. Lì c’erano un gruppo di musulmani e cristiani che volevano sapere di più delle religioni degli altri, ma cercavano una metodologia per non minacciare nessuno, per non avere nessuna agenda nascosta. Sempre avevano per ogni tema un cristiano e d un musulmano che parlavano dal punto di vista della propria religione. Così faremo anche questa sera: il tema è la Scrittura e i nostri due ospiti parleranno sulla Scrittura dal loro punto di vista.

Sono Adnane Mokrani, che viene dalla Tunisia ma ha anche origini algerine. Lui parlerà prima della sosta per rompere il digiuno e parlerà del Corano. Il secondo ospite che parlerà dopo è Giuseppe Barbaglio. Lui è un biblista ed ha insegnato al seminario valdese qui a Roma.
Adnane ha fatto i suoi studi all’università di Al Zajtuna di Tunisi, un’università famosa nel mondo islamico. Ha fatto il dottorato, con uno studio su un famoso studioso islamico, che si chiama Ibn Hazm, che veniva dalla Spagna, dall’Andalusia. Adnane poi è venuto a Roma e ha fatto un secondo dottorato sul dialogo interreligioso tra islamici e cristiani in Libano, al PISAI, Pontificio Istituto degli studi Arabi e Islamici. Lui parlerà per primo sul Corano, la Scrittura dei Musulmani e insegna ora alla Gregoriana “Introduzione nell’Islam”.
Io lascio adesso ad Adnane di parlare. Prima cominciamo con una lettura del Corano prima in arabo e poi la traduzione in italiano.

Adnane
Buona sera a tutti. La pace sia con noi… Leggo prima questi versetti che parlano del digiuno, del mese di Ramadan e del Corano (2: 183-186).
(Adnane fa una recitazione salmodiata in arabo e poi Stefania Lepore legge il testo in italiano).
O voi che credete, vi è prescritto il digiuno come fu prescritto a coloro che furono prima di voi, nella speranza che voi possiate divenire timorati di Dio, per un numero determinato di giorni….
Per un musulmano è difficile parlare del Corano, come forse per un cristiano parlare di Gesù Cristo, parlare del centro della fede. In poche parole un compito quasi impossibile, ma cerco di parlare in modo molto generale, magari dopo nel dibattito possiamo insieme approfondire alcuni punti.
Dunque, il libro sacro della religione islamica si chiama il Corano, che significa recitazione. Il suo nome indica la sua natura orale, dunque prima di essere un libro scritto è stato trasmesso oralmente e fino ad oggi è trasmesso oralmente. La Scrittura è ausiliare. Aiuta alla memorizzazione della rivelazione, ma non è l’elemento più importante. C’è una definizione teologica, diciamo, del Corano, Il Corano è il libro di Dio rivelato al profeta Muhammad tramite l’angelo Jibril, Gabriele. Ma non è il primo libro rivelato da Dio ai suoi profeti, ci sono stati altri libri rivelati prima di Muhammad. Il Corano stesso parla di questi libri. Parla del libro di Abramo, della Torà, dei Salmi, del Vangelo. E forse ci sono anche altri libri non menzionati nel Corano. Dio, dice il Corano, ha mandato profeti a tutte le nazioni. Conosciamo solo una parte di questi profeti, ma tanti di loro non li conosciamo.
Dunque il Corano è stato rivelato al profeta Muhammad all’età di 40 anni. Era già un uomo maturo, sposato. Ha ricevuto per la prima volta, i primi versetti del Corano in una grotta, Ghar Hira’, vicino alla Mecca. Lui aveva un’usanza anche preislamica di fare un ritiro una volta l’anno e durante questo ritiro ha ricevuto la sua prima esperienza religiosa profonda, il primo incontro con il divino in modo diretto e anche shockante, forte. E’ stata un’esperienza difficile per lui.
Il Corano ha accompagnato la vita del profeta Muhammad, la sua carriera come profeta durante 23 anni fino alla sua morte. Il Corano è diviso in due parti: i versetti dell’epoca della Mecca, l’epoca Meccana (i primi tredici anni, quando la comunità islamica era perseguitata, emarginata); la seconda parte nell’epoca Medinese, dopo l’immigrazione del profeta a Medina, dove la comunità islamica ha fondato il suo primo Stato libero. Gli ultimi dieci anni della vita del profeta. Si può dire che il Corano è la storia della prima comunità, la sua esperienza. Dio è stato sempre in dialogo con questa comunità nel suo cammino, nel suo sviluppo. Dunque per capire la storia dell’Islam è molto importante capire il Corano e per capire il Corano è molto importante anche studiare la storia della prima comunità islamica.
Il Corano è composto di 114 capitoli (si chiamano Sura) e più di 6.000 versetti. L’ordine del Corano non è quello cronologico. E’ molto diverso. Troviamo la prima sura abbastanza breve; poi le sure più lunghe fino a quelle più brevi, ma non è l’ordine cronologico. Tutto mischiato, i versetti meccani, con quelli medinesi.
Qualche volta usiamo paragoni per esprime l’importanza del Corano nella vita spirituale dei musulmani. Si può paragonare, la centralità, l’importanza del Corano, nell’ebraismo con la Šekinah, come presenza di Dio nella comunità. Per il cristianesimo si può paragonare con l’Eucaristia. Il musulmano quando recita il Corano, quando prega, entra in comunione con Dio. Il Corano per lui assomiglia alla voce della madre, che da tranquillità, conforto, pace. Recitare il Corano è far parlare Dio tramite la voce umana, entrare in comunione con Dio, perciò la preghiera coranica è spesso composta di recitazioni coraniche, principalmente.
Il mese di Ramadan che è cominciato ieri per tanti Paesi, ma oggi per altri Paesi, per esempio la Tunisia, il Marocco, l’Iran. Altri Paesi (Egitto, Arabia Saudita) hanno cominciato ieri. Il mese del Ramadan è il mese del Corano non solo perché i primi versetti sono stati rivelati in questo mese, ma anche perché è l’occasione per i musulmani di pregare di più, di leggere il Corano di più, di vivere con il Corano. E’ un’opportunità per ogni musulmano per leggere in questo mese tutto il Corano. C’è una preghiera notturna nel mese di Ramadan che si chiama tarawih, la preghiera della notte ed è fatta per leggere il Corano, soprattutto negli ultimi dieci giorni del mese di Ramadan. Sono spesso giorni di ritiro spirituale dove uno trova il tempo pieno per meditare e leggere il Corano.
I musulmani credono che il Corano non solo nel suo contenuto è stato rivelato da Dio ma anche la sua forma: tutto è stato rivelato da Dio. Il profeta Muhammad ha memorizzato tutto e ha trasmesso tutto alla Comunità e la Comunità ha trasmesso il Corano di generazione in generazione in modo orale, poi scritto. Dunque, anche la forma è molto importante per il Corano. I musulmani hanno interpretato il Corano in modi diversi; qualche volta anche in modi contraddittori, ma la forma ha garantito una presenza sacramentale del Corano nella comunità: una unità formale, ma anche importante nella vita.
Gli arabi sono una piccola minoranza tra i musulmani, circa il 20%. Tanti musulmani non conoscono l’arabo, ma nonostante quest’ostacolo linguistico cercano di memorizzare il Corano e di leggerlo in modo liturgico come preghiera.
Questo mi viene in mente per il momento. C’è tanto da dire, da spiegare, ma vorrei aggiungere un altro punto. Spesso oggi il Corano è presentato per i non musulmani come un libro a-storico nella fede islamica, un libro divino fuori della storia che comanda i musulmani. Secondo me non c’è niente fuori della storia e anche il Corano è inserito in un contesto storico. Non si può capire il Corano senza capire la storia della prima comunità islamica. Do un piccolo esempio. Le religioni menzionate nel Corano sono sei, solo sei, dunque quelle conosciute dagli arabi in quell’epoca. Dio ha parlato al profeta non solo usando la lingua araba, la lingua della sua tribù, che era la lingua franca di tutta la penisola araba, ma anche la cultura, il linguaggio, il modo di pensare, gli strumenti che la gente conosce bene per comunicare un messaggio che va altre la storia, e può parlare ai musulmani oggi. Comunque possiamo approfondire questo punto dopo.

Thomas Michel
Grazie Adnane. Io voglio prendermi il privilegio del moderatore, cominciando il dibattito con una mia domanda sul contenuto del Corano: qual’è il messaggio centrale, il messaggio principale del Corano? Cosa Dio vuole comunicare agli uomini tramite il Corano?

Adnane
Il messaggio del Corano è quello dell’Islam, la dottrina principale è l’unicità di Dio: credere in Dio, unico e questa unicità di Dio non è una fede trascendentale distaccata dal mondo, ma anche contiene tutti i dettagli della fede islamica.

Thomas Michel
C’è ancora qualche domanda?

Domanda
Io sono ignorante però mi sembra di aver letto che il Corano è una realtà divina, celeste, e questo che sta nelle mani degli uomini è una copia. O mi sbaglio? Mi pare di aver letto che c’è questo Corano originario che è uscito dalle mani di Dio e che è uscito dal cielo, per cui quando Dio ha comunicato a Muhammad la sua rivelazione ha fatto come dire una copia. Io vorrei sapere che questo che ho letto un po’ qua e la corrisponde. Un corano celeste e poi questa copia, quasi una incarnazione.

Adnane
C’è questa idea, anzi un versetto che parla della Tavola custodita, lawh mahfuz, da Dio e questo è diventato in epoca tardiva un tipo di dottrina. Ma secondo me è solo una metafora, un modo allegorico per dire che queste parole sono preservate, sono protette, nessuno può cambiarle. Il Corano usa spesso le immagini, i simboli, non è un discorso filosofico, ma piuttosto un discorso poetico. C’è anche il rischio della coranolatria, esagerare l’importanza del Corano che diventa un assoluto nella storia. Questo è un rischio serio per un musulmano. Ma dobbiamo capire che il Corano è lo spazio della crescita spirituale del musulmano, ma non sostituisce l’esperienza stessa, apre il musulmano al divino, alla vita, agli altri, all’esperienza spirituale, ma non può fare questo compito al suo posto. L’importante è l’uomo che cerca di vivere la Parola di Dio.

Domanda
Lei ha parlato dell’importanza della storia, di conoscere la storia delle prime comunità; volevo sapere se questa conoscenza della storia la utilizzate anche per l’interpretazione del testo, come noi facciamo per la lettura storico-critica della Bibbia.

Adnane
Certo, è molto importante. Nell’epoca fondatrice delle scienze islamiche, c’erano le scienze del Corano, per esaminare quelli che si chiamano i motivi, le ragioni della rivelazione, asbab al-nuzul. Tanti versetti sono risposte a domande della comunità o delle altre comunità religiose. Il Corano, si può dire, è stato un dialogo continuo con la gente. E’ molto importante capire il contesto e non solo questo, ma anche la poesia araba preislamica. Dopo l’Islam l’arabo è stato contaminato e ha perso la sua purezza originaria. Tanti popoli non arabi sono entrati nell’Islam. E dunque la cultura araba ha conosciuto cambiamenti radicali. Ma la poesia non islamica e preislamica è stata per i musulmani un capo linguistico molto importante per capire il Corano stesso.

Domanda
Hai detto che il messaggio fondamentale è questa unicità di Dio, Però questo Dio potrebbe avere tanti connotati diversi ad esempio un Dio può essere un tiranno o può essere un padre amorevole. Ora questa unicità di Dio che emerge da anche delle connotazioni per cui possiamo capire di che tipo è?

Adnane
Questa è una grande domanda che richiede un altro discorso. Comunque Dio è uno in se, nella sua essenza, ma multipli sono i suoi nomi, le sue manifestazioni nel creato. Tradizionalmente, ci sono 99 nomi divini di Dio. Secondo me, è vero che alcuni musulmani hanno visto un dio dittatore ed hanno cercato di riprodurre questa dittatura nella vita sociale e politica, ma devo dire che assolutizzare l’essenza divina, significa anche relativizzare il creato che non si può assolutizzare altro che Dio e questa è un’opportunità, un’apertura al divino.

Domanda
Ho letto da qualche parte invece che Dio è la bellezza. Questa cosa mi ha molto colpito, perché questa cosa è anche per me: io sono cristiana. Ci può approfondire questo argomento?

Adnane
C’è un hadith che dice: Dio è bello e ama la bellezza. Dunque questo discorso della manifestazione divina ho detto poco fa che ci sono 99 nomi divini, ma sono divisi in due categorie. I nomi della maestà e i nomi della bellezza. I nomi che manifestano la forza, l’aspetto maschile diciamo di Dio e gli altri nomi che mostrano la gentilezza, l’accoglienza, la dolcezza. i Nomi della bellezza. La bellezza si manifesta soprattutto nel Creato, nel discorso coranico. Non è questione di capire il Corano, ma anche di bellezza. Per gli arabi la bellezza linguistica, poetica, musicale del testo coranico è molto importante. C’è una comunicazione che va oltre la teologia, la dottrina.

Thomas Michel
Puoi indicare che cosa sono gli hadith?

Adnane
Principalmente ci sono due fonti dell’Islam. Il Corano, il libro di Dio, il testo sacro; poi c’è la Sunna, la tradizione islamica o i detti del profeta. Il Corano è stato subito memorizzato dalla comunità, il profeta stesso ha impedito di scrivere con il Corano, altri testi. Meno di trent’anni dopo la morte del profeta il Corano è stato già scritto e recepito nel mondo, Invece il percorso della Sunna, della sua Scrittura è stato più tardivo, più lento di almeno quasi due secoli dopo la morte del profeta, ma non sono veramente considerati come testi sacri; non si può pregare con la Sunna. La Sunna è discutibile, un musulmano può rifiutare un hadith ed accettarne un altro. Invece il Corano è accettato da tutti i musulmani.

Thomas Michel
Adesso dobbiamo fare una piccola pausa. I musulmani fanno il digiuno per il mese di Ramadan. Dato che c’è il tramonto del sole possono rompere il digiuno. Allora faremo una pausa di quindici minuti.
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Come prima abbiamo sentito un brano dal Corano adesso Giuseppe comincerà con un brani dalla Bibbia.

Giuseppe Barbaglio
Capitolo 4, 16-21 del Vangelo di Luca. Ho scelto questo brano perché Gesù ha letto il libro di Isaia, quindi la Bibbia.
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Io devo dire che sono un po’ imbarazzato, perché dovrei dire che cosa sono le scritture per i cristiani, però poi ciascuno ha una sua immagine di questa Bibbia cristiana. Vorrei sviluppare tre considerazioni.
La prima: la Bibbia è un testo, un testo scritto. Il Nuovo Testamento si chiama la Scrittura, la santa Scrittura. Ma anche la bibbia ebraica era una realtà scritta. Bibbia infatti vuol dire libri scritti, al plurale. La Bibbia cristiana poi si compone di due parti: l’Antico Testamento e, come seconda parte, il Nuovo Testamento. L’Antico Testamento non è altro che la Bibbia ebraica, però anche se materialmente sono la stessa cosa, il significato è completamente diverso. C’è la Bibbia Ebraica e c’è la Bibbia che è letta con occhi cristiani, cioè come una grande profezia dell’evento di Cristo. I cristiani hanno rubato, in un certo senso, questo testo, la cui lettura è cristiana.
E’ un testo scritto, scritto originariamente in ebraico, mentre il Nuovo Testamento è tutto in greco.
E’ un testo che si legge, si ascolta, si tenta di capire. Questo testo per le sue origini antiche, per lo spessore culturale è a prima vista uno scritto lontano, distante, estraneo; lo si deve dunque capire, avvicinare.
La seconda considerazione: questo testo presenta una testimonianza globale, complessiva del cammino delle comunità cristiane. Poco fa l’amico diceva che il Corano ha un aggancio molto forte con le comunità che lo leggono, che lo ascoltano. Il testo presenta una testimonianza del cammino, del cammino di fede certamente: una testimonianza di uomini santi, peccatori, malvagi, quello che sono. Di fronte alla Bibbia come testimonianza del cammino di un popolo, di comunità, l’atteggiamento nostro che si impone è quello di entrare in dialogo con questi uomini. Al di là del testo che è una realtà, come dire, morta, il confronto si fa con delle persone vive: il popolo dei profeti, il popolo degli apostoli. E anche queste persone, questi volti sono volti antichi, diversi da noi per cultura, per sensibilità, per tutti i motivi di questo mondo. Quindi è un dialogo tra diversi che hanno in comune qualcosa di fondamentale. Un dialogo che si fa con credenti. C’è questa base fondamentale che è la fede, però siamo molto diversi. Incontriamo questi primi fratelli nella fede che hanno vissuto in condizioni molto diverse; allora il dialogo è interessante perché permette di trovare convergenze, ma anche diversità, comunque stimoli per noi da questi primi credenti che ci hanno anticipato nel cammino della fede. In breve. La Scrittura quindi è un testo che ci dà una testimonianza del cammino di fede e si traduce in un dialogo tra persone.
Terza considerazione: la Bibbia rimanda ad un evento che potrei riassumere così con le parole di S. Paolo: è l’evento di Dio promittente che ha giurato ad Abramo di farlo il padre di molti popoli, il padre di tutti i credenti. “Io benedirò quelli che ti benediranno; saranno benedette tutte le tribù della Terra” (Genesi 12,1-3). Questo è l’evento, questa iniziativa di Dio. Il Dio promettente che promette ad Abramo una discendenza numerosissima e Abramo si è affidato anima e corpo a questa alla promessa e al Dio che gliela fatta. Affidamento in cui consiste la fede di Abramo: Abramo credette e Dio glielo ha computato come giustizia (Genesi 15,5-6). Abramo è il primo credente.
Ma si tratta solo del primo momento di un evento complessivo che sta a cavallo della prima e della seconda Bibbia. Paolo scrive in 2 Corinti: “Tutte le promesse sono diventate sì in Cristo”, ma in un altro passo paolino, nella lettera ai Romani, cap. 15 in cui si afferma che le promesse divine sono state “rafforzate”. Le promesse divine vengono rilanciate, e così confermate. Gesù. il figlio di Dio diventato figlio dell’uomo, ha incarnato certo il sì di Dio alle sue promesse, però non si tratta di un compimento totale e perfetto. Le promesse sono ancora più grandi e allora Dio le rilancia verso il futuro.
Dunque l’evento che a sta al centro della Bibbia ha più facce:si tratta di Dio che promette ad Abramo, del Dio promittente che in Gesù dà un compimento forte alle promesse, ma allo stesso tempo le rafforza per il futuro.
In conclusione, se di fronte al testo siamo chiamati, in prima battuta, a leggere e ascoltare, siamo chiamati in secondo luogo ad un dialogo con questi primi fratelli nella fede, lontani da noi, però vicini in questa scelta di affidamento a Dio. Soprattutto di fronte all’evento che è il cuore della Scrittura, siamo chiamati a lasciarci coinvolgere. Abramo ha creduto, cioè si è affidato al Dio promittente. L’evento coinvolge il Cristo, centro reale di queste promesse che si rilanciano e che ha coinvolto il popolo degli apostoli, Paolo, Pietro, ecc. La lettura diventa coinvolgente. Di fronte a questo evento della promessa lasciarsi coinvolge significa affidarsi a questo Dio fedele. Io ho una sensibilità mia. Ma molte sensibilità offrono tante comprensioni a queste scritture cristiane.
Voglio dire solo che Gesù non ha avuto tra mano le scritture propriamente cristiane. E neppure Paolo. Il cristianesimo per 70 anni è vissuto solo con le scritture ebraiche. Si, la Scrittura è molto importante, però molto relativa. La cosa importante è, da una parte, la testimonianza, dall’altra l’evento, perché la Scrittura senza riferimento all’evento è nulla; ha un valore di mediazione, un valore puramente strumentale.

Thomas Michel
Grazie Giuseppe per questa bella introduzione alla Bibbia. Cominciamo con le domande per Giuseppe. Comincio io con una domanda. Credo che le persone moderne possano trovare difficile leggere la Bibbia, che sembra arrivare da un altro mondo, passato, molto diverso e lontano dalle nostre preoccupazioni. Come possiamo come persone moderne, superare questo problema?

Giuseppe Barbaglio
Come ho detto, la Bibbia, ma credo anche il Corano, è un testo ostico perché fa parte di una cultura e di una mentalità lontane da noi, che abbiamo sensibilità diverse. Oltre tutto fino a non tantissimi anni fa, la Bibbia non si leggeva da parte dei cattolici. Era il parroco in chiesa che ne parlava a modo suo. Si tramanda questa barzelletta: un parroco sale sul pulpito e dice: oggi le letture non ci dicono niente di buono; adesso vi dico io qualcosa di buono. Poi invece negli ultimi decenni (il Concilio ha avuto una funzione in questo) tutti i credenti ed anche i cattolici sentono il dovere di avere un approccio al testo. Anche perché noi siamo in una cultura letteraria, anche se adesso la stiamo superando con i computer ecc.
Si pone il problema della lettura che è molto ardua. Ci sono anche strumenti. Ci inoltriamo in un territorio del tutto sconosciuto, dunque ci vuole una mappa per infilare i sentieri buoni, per non perdersi. Ci vuole un po’ di studio. Alla Bibbia non si arriva, come non si arriva alla terra promessa se non attraverso il deserto, senza passare attraverso questo stadio di una lettura difficile. Adesso non voglio scoraggiare. Ci sono anche delle possibilità di intuizione. Poi non è detto che bisogna leggere tutta la Bibbia. Insomma si può fare anche un’antologia, magari guidata.

Domanda (Raniero La Valle)
Questo è un incontro islamo-cristiano un dialogo. In modo del tutto tradizionale, abbiamo da un lato il discorso sul Corano e dall’altro il discorso sulla Bibbia. Ciò corrisponde al luogo comune secondo il quale queste tre religioni, ebraismo, cristianesimo ed islamismo sono le religioni del libro. E abbiamo sentito due espositori. Però c’è un problema. Quando Adnane ha detto a che cosa si può paragonare il Corano non ha citato né la Torà, né la Bibbia cristiana, allora un discorso islamo-cristiano dovrebbe essere il Corano e l’Eucaristia. E’ vero che l’Eucaristia sta nella Scrittura, ma non è la Scrittura. Nasce una grande questione, è la grande questione dell’ermeneutica. E’evidente che il discorso ermeneutico, interpretativo non può essere lo stesso che noi facciamo a proposito della Scrittura. Adnane ci ha detto che rispetto al Corano il problema è il rapporto con la storia, non con la storia di oggi, ma di capire bene come il Corano è nato nella storia di allora e quindi l’interpretazione è capire sempre di più che cosa il Corano voleva dire allora. Il Corano sembra non offrirsi ad una interpretazione dinamica, vivente che possa anche cambiare i significati, mentre questo si da per la Scrittura cristiana. Non solo cerchiamo di capire con il metodo storico critico che cosa ha veramente detto quel Signore che si chiama Isaia oppure che cosa è veramente successo quando il popolo d’Israele è entrato nella terra di Cana. L’interpretazione non è solo sui significati di allora, ma sui significati di oggi, tanto è verso che c’è questa condizione che la Bibbia non è scritta una volta per tutte. Non solo la rivelazione non è conclusa ma anche la Bibbia si offre a nuovi significati che non possiamo nemmeno immaginare. Quando Gregorio Magno diceva che la Scrittura cresce con chi la legge, non solo crescono i leggenti, ma crescono anche le cose scritte. Mentre nella tradizione cristiana c’è questa possibilità di continua fuoriuscita dalla lettura fondamentalistica, dogmatica, perché c’è sempre questa possibilità che prevalga l’evento, che non è solo l’evento di allora, ma è anche l’evento di oggi e di domani, la domanda è come questo si possa fare per il Corano. Come si fa a riconoscere i diritti, la pluralità, la verità degli altri?
Questa mi pare la questione tra il Corano e la Bibbia.

Adnane
Una domanda molto difficile. Il paragone è sempre limitato. Il paragone come un simbolo non contiene tutto. Da una parte il Corano si rappresenta come continuazione e come conferma della Scrittura precedente. Dunque si può paragonare il Corano con le scritture, con la Bibbia, ma ho voluto dire il paragone con la Šekinah e con l’Eucaristia per mostrare che il Corano per il Musulmano non è solo un testo, ma anche uno spazio di crescita spirituale, una presenza divina, un modo di comunicare, di essere in comunione con Dio. Il Corano è preghiera, e la preghiera non è solo comprensione, ma anche desiderio forte di unione con il divino. Dunque c’è una dimensione nel Corano non solo della lettura e dell’ermeneutica, ma anche della preghiera e della spiritualità.
Per l’ermeneutica c’è una vera sfida e dobbiamo insieme risolvere questo problema. La lettura di un testo sacro è un dialogo tra due momenti storici; Il primo momento è quello della rivelazione, del contesto originale del testo, la sua storia (il profeta Muhammad, la prima Comunità islamica), e il secondo momento è il contesto storico del lettore di oggi. Secondo me per poter contestualizzare il testo oggi dobbiamo prima contestualizzarlo nella sua storia e questo è il metodo ermeneutico più fedele allo Spirito che unisce i due momenti storici. L’integralismo viene da una lettura a-storica, una lettura che non considera il contesto e la storia del testo. Il Corano è di origine divina, viene da Dio, ma non è Dio e questa è la sfida dell’idolatria.
Magari in futuro possiamo insieme musulmani e cristiani aprire un dialogo sul Corano e la Bibbia. Vediamo l’esperienza cristiana ed ebraica nella comprensione della Bibbia e cerchiamo anche di trovare nuovi metodi. Per il Corano, nell’epoca fondatrice del pensiero islamico, nei primi quattro secoli dell’Islam, un’epoca molto feconda, i musulmani hanno discusso la natura del Corano: creato o non creato. Questo era ammesso nel dibattito pubblico nelle scuole di teologia islamica. Oggi non c’è più questo dibattito perché dopo più di sette secoli di decadenza generale, il pensiero islamico ha conosciuto una rigidità. Abbiamo dunque bisogno di una riforma, di una nuova lettura del Corano con nuove chiavi di ermeneutica e nuovi metodi.

Giuseppe Barbaglio
Certo si dice che Ebraismo, cristianesimo ed Islamismo sono le tre religioni del libro, e questo è certamente vero, perché ciascuna ha un testo sacro. Ma il problema è quale peso ha il libro. Io ritengo che nel cristianesimo il peso della Bibbia è poco; la bibbia è puramente strumentale, è una testimonianza, la confessione di fede; la cosa fondamentale è l’evento, diciamo Gesù è il punto fondamentale. La Bibbia può esserci o non esserci, al limite. Non si può definire la religione della Bibbia. Prima c’è l’evento, Gesù, e poi dietro la Bibbia, dietro a questo Dio promissorio.
Si deve poi dire che è inevitabile l’interpretazione. Quando uno legge un testo, lo interpreta. Anche nei momenti più bui quando si guardava al libro come fisso, non so: “Fermati sole”. Anche quella era un’interpretazione. Galilei dava l’interpretazione che si sarebbe rivelata quella buona e il cardinal Bellarmino dava un’interpretazione letteralistica. Ma tutti e due davano un’interpretazione. Il libro si legge e si interpreta: il problema è come si interpreta. Per questo nella visione cristiana la Bibbia è sempre accompagnata dalla Tradizione (l’interpretazione). Noi nella nostra storia cristiana, noi figli dell’illuminismo, abbiamo avuto una stagione di un’interpretazione basata anche su un approccio critico-storico. In una parola, c’è un solo testo ma molte letture.

Domanda (Giorgio Piacentini)
Visto che il tema di questa sera è la Scrittura e noi, io volevo fare la stessa domanda a tutti e due i relatori. Io in aprile sono andato nel deserto dell’Algeria e c’erano con noi dei Tuareg che ci accompagnavano. Quello che io coglievo in loro erano i loro momenti di preghiera. Si allontanavano un po’ dal luogo dove noi stavamo, ma poi coglievo una dimensione del loro rapporto con noi, molto particolare. Erano attentissimi alle esigenze di noi catapultati nel deserto. Precedevano le nostre richieste, ed erano di estrema dignità, ma anche di attenzione.
Quando tu Adnane dicevi il punto fondamentale è l’unicità di Dio, ma c’è anche un messaggio per l’uomo che riempie probabilmente la sua preghiera. Questo vorrei capire. Quando queste persone andavano a pregare e poi li vedevo comportarsi in questo modo straordinario con noi, cosa seguivano? Quale aspetto di quello che tu dicevi (il Corano è un ambiente che fa crescere la spiritualità delle persone) è il messaggio fondamentale, sotto questo profilo spirituale?
Per quanto riguarda la lontananza, la difficoltà della Bibbia (se dimentichiamo il fatto centrale che sarebbe l’evento) io ho appreso dai monaci questo straordinario modo di preghiera che è la lectio divina in cui la parola di Dio non è più un testo stravagante, un testo difficile, da interpretare, ma è il confronto continuo dell’uomo con questo assoluto che è Dio. E allora dove si può leggere questa parola e capire cosa dice. Meditare per capire che cosa dice a noi. Pregare su questa parola per capire che cosa siamo tenuti a fare se la ascoltiamo. Dire noi qualcosa a questa parola. Questo è il metodo.
Come si pone in confronto alla difficoltà del testo?
Questa è la nostra vita. E’ il rapporto con le difficoltà quotidiane, con la storia, con le nostre scelte, con il nostro impegno. Noi qui e i Tuareg che io ho incontrato in quello stupendo viaggio.

Domanda
E’ diventata di fatto essenziale la questione del velo (è inesatto, ma diciamolo così) delle donne musulmane. Mi pare se ho letto bene che si tratta di un hadith del profeta: non sarebbe bene che le tue donne si velassero in nostra presenza. Se ben capisco la prima comunità era formata da uomini che si riunivano a casa del profeta e quindi occhieggiavano le sue mogli. E’ ben chiara la circostanza. Molti uomini che vanno in una casa dove ci sono donne già sposate ed è bene che queste tengano un certo contegno. Mi parrebbe facilissima l’interpretazione e invece mi pare che è diventato quasi un principio di fede. Si fanno delle guerre per avere o meno il velo. Perché è diventato così elemento di discordia?

Domanda (Luigi Sandri)
La cosa che diceva prima Raniero mi sembra che vada approfondita. E’ vero come dicevi tu Giuseppe che ognuno che legge le scritture sia il Corano sia la Bibbia deve interpretare, però secondo me c’è un punto dirimente che è l’uomo vivente e la sua dignità. Quando Bellarmino diceva : fermati o sole, sono le parole di Dio, in base a questo Galilei è stato processato e Giordano Bruno è finito sul rogo. Perché hanno dimenticato che nel Vangelo c’è scritto che da questo vi riconosceranno che siete i miei discepoli: amate gli altri e quindi quando c’è un’interpretazione che porta ad uccidere un uomo ci devi pensare un miliardo di volte; non è uguale alla mia che non ha nessuna conseguenza. Questo vale anche oggi per la Chiesa Ufficiale. Certe interpretazioni che pesano sulla coscienza degli uomini e soprattutto delle donne gridano vendetta al cospetto di Dio perché fanno penare tantissimamente in nome di Dio che non ha detto nulla in proposito. Per quanto riguarda il Corano io penso che sia la stessa questione. Diventa più difficile perché come tu hai detto bene (forse un po’ in fretta, ma d’altra parte…), si dice che ogni parola del Corano è rivelata.
La interpretazione che noi facciamo (grazie, mille grazie all’illuminismo, perché la Chiesa cattolica fino al Settecento era fondamentalista come tutte le altre chiese) allora è molto più difficile. Lo spazio d’interpretazione è molto più stretto. Allora se uno prende qualche sura del Corano dove dice in sostanza uccidente i nemici, la assolutizza e la porta erga omnes.
Alcuni interpreti odierni tentano una distinzione e dicono che nel Corano ci sono delle sure fondanti che sono intoccabili e delle sure molto storiche che rispondevano ad una questione del momento come Paolo quando dice le donne stiano zitte nella chiesa e Wojtila ha detto: quindi non possono esser preti, quando non c’entrava niente. Questa distinzione è possibile? Io so che questi teologi hanno visto i sorci verdi avendo fatto questa ipotesi per tentare di uscire da una lettura che rischia di portare inevitabilmente al fondamentalismo ed alla violenza. Io, mi riferisco ai palestinesi in Israele, ho visto della gente saltarsi per aria in nome di Dio, che è una bestemmia.

Domanda
La mia curiosità è simile a quella che ha sollevato l’ultima domanda. In realtà una libertà nell’interpretazione della Scrittura coincide anche con la persecuzione. C’è uno strano rapporto tra questa Scrittura come rivelazione e la persecuzione. Mi piacerebbe sapere un po’ della storia di pensatori islamici che hanno tentato di essere liberi, di emanciparsi rispetto alla Scrittura. Com’è andata? Se è successo come nell’ebraismo che c’è stato un Maimonide che nella necessità di filosofare ha dovuto scrivere una guida dei perplessi in cui sotto sotto c’era la sua filosofia o come Spinoza che è stato perseguitato perché si era permesso di dire che la Bibbia ebraica in qualche modo era un testo storico, e via di seguito. Vorrei sapere come nuoce nell’Islam questo processo di emancipazione del pensiero e la persecuzione e a che punto è la filosofia, a che punto sono le arti. Dato che tutto è regolato dalla legge e la legge è rivelazione come si può fare filosofia come si può fare arte? E la stessa cosa avviene anche per l’ebraismo e per il cristianesimo.

Giuseppe Barbaglio
Ci sono tanti tipi di lettura; però ogni lettura non può prescindere da un minimo di conoscenza. Non che tutti debbano diventare biblisti. Però ci vuole ’è un minimo di conoscenza. E un processo faticoso. Bisogna superare la barriera di una estraneità culturale, linguistica. Certo ci sono mille modi di leggere, di ascoltare. E poi sull’interpretazione il problema è di chi interpreta, come, quando, perché. Certo bisogna sottrarre l’interpretazione ad imprese soggettivistiche e individualistiche, visto che la Bibbia è un libro per una comunità, per un popolo come anche il Corano. L’interpretazione va fatta in seno alla comunità, alle comunità. Il luogo dell’interpretazione è la comunità, l’ecclesia, l’assemblea riunita.
In secondo luogo nei limiti in cui noi crediamo, è lo Spirito che conduce a conoscere intera la verità, dice Giovanni. Lo Spirito è presente nella comunità, anima la comunità, distribuisce i suoi carismi.
Perché noi ci troviamo in difficoltà? Bellarmino pensava di essere la voce dello Spirito; Galilei era uno scienziato e gli sembrava che non si potesse leggere il testo biblico così come suonava: “Fermati sole” Dunque è il sole che gira attorno alla terra. Noi siamo in difficoltà perché non c’è questo approccio generale, globale nella comunità che è animata dallo Spirito. Con questo non voglio dire che noi risolviamo tutti i problemi, però queste sono due esigenze fondamentali. Al di fuori di quelle non andiamo. Nella comunità si ritiene che lo Spirito conduca i credenti ad ascoltare la voce dello Spirito. Le difficoltà provengono da questa lacerazione: alcuni pensano di essere solo loro gli interpreti autorizzati. Per esempio il Concilio Ecumenico Vaticano II ha scoperto i carismi, di cui parla Paolo, e però si vede che i vescovi avevano qualche difficoltà; e allora cosa hanno detto? Ci sono tutti i carismi, ma la gerarchia ha il carisma dei carismi, cioè il carisma di poter decidere se il tuo carisma è autentico: E’ una stortura incredibile fatta nel Concilio Ecumenico Vaticano II, mentre Paolo dice che è uno dei carismi quello che sa individuare dove sta lo Spirito. Nella comunità sotto il soffio dello Spirito.
Anche la frase citata da Raniero di Gregorio mi pare si riferiva allo Spirito: La Scrittura cresce con colui che legge, ma in quanto questi è animato dallo Spirito.
Il testo è ispirato, testimonia un cammino di fede che è la storia del popolo, e la rivelazione è l’evento, cioè che Dio si è manifestato come il promittente e cioè Abramo, il Cristo e si dimostrerà alla fine.
Anche qui nella comunità di San Paolo hanno avuto difficoltà a leggere certi testi e dire “parola di Dio”. Io dico sempre che è “parola di Dio” con il “p” minuscolo. E’ un testo che noi riteniamo ispirato, ma è una cosa di poco conto. La Parola di Dio con “P” maiuscolo è la rivelazione, l’evento.

Adnane
Se ho capito bene la domanda di Giorgio: il nostro rapporto con Dio nella preghiera può modellare il nostro rapporto con i nostri simili? Secondo me, c’è un principio comune ed è quello dell’accoglienza e l’ascolto perché il nostro rapporto con la Scrittura, con il Corano nella preghiera è un rapporto di ascolto di svuotamento interiore per poter accogliere la parola di Dio. Lo stesso principio vale per la lettura spirituale che aiuta all’apertura nei confronti degli altri. Diventa un rapporto di accoglienza, di ascolto, di svuotamento. Questo è un principio etico ed ermeneutico, perchè non basta essere sapienti, colti per capire; il testo sacro è un’esperienza spirituale. E senza un minimo di esperienza spirituale non ci si può aprire al testo. Dunque c’è una preparazione spirituale iniziatica, altrimenti portiamo le nostre ideologie, le nostre paure, i nostri desideri di dominio, di potere e riflettiamo il nostro egoismo sul testo. In verità il testo come esperienza spirituale: non siamo noi che spieghiamo il testo ma è il testo che ci spiega, che ci da le risposte esistenziali della nostra vita: chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo, cosa dobbiamo fare. Queste domande esistenziali non sono possibili senza una certa sanità interiore, purificazione interiore. Il rapporto con testo è anche come il rapporto con gli altri.
Per l’altra domanda la questione del velo è la questione della Shari‘a, che è tradotta spesso come la legge islamica o la legge coranica. E’ un verso problema di interpretazione per motivi storici. Fra più di 6.000 versetti coranici troviamo al massimo 120 versetti che possono essere considerati come versetti di legge. Dunque la legge non è la parte essenziale del Corano, è molto piccola. La parte più grande del Corano sono narrative, le storie dei profeti. Più di un terzo del Corano sono storie di profeti. Ma per ragioni storiche la legge è diventata centrale nella cultura islamica e così il velo è diventato quasi il sesto pilastro dell’Islam (sono cinque i pilastri dell’Islam). Il Corano parla del pudore, di regole generali del vestiario, ma la Sunna, la tradizione discutibile, parla in modo più dettagliato sia per le donne sia per gli uomini. Poi viene la cultura patriarcale, la tradizione dei popoli e tanti motivi che condizionano la comprensione. perciò dobbiamo capire tanti versetti in modo diverso. Per dare un piccolo esempio. C’è un versetto che dice che è meglio sposare una schiava pia che una libera ma miscredente, Cf. il Corano (2: 221). Oggi non c’è più schiavitù. Come possiamo capire in questo momento questo versetto? per noi oggi, questo versetto può significare che l’importanza, il valore dell’essere umano non dipende dalla sua classe sociale: schiavo o non schiavo, ma dalla sua interiorità, dal suo pensiero, la sua fede, dal suo comportamento. Dunque c’è un corpo storico del versetto, ma anche c’è un contenuto che oggi può aiutarci a vivere meglio.
Le altre domande sono un po’ simili. Luigi ha detto che dobbiamo togliere alcuni versetti che disturbano oggi. Secondo me non si può togliere niente del Corano perché togliere significa scegliere quello che ci conviene. La lettura parziale non è solida, non può durare nel futuro. Vengono altri che dicono, c’è anche il contrario nel Corano. La lettura equilibrata è quella che cerca di usare tutti gli elementi del fenomeno. Anche nella fisica quando uno osserva tanti elementi A, B,C,D e la sua teoria spiega solo A,B,C, e lascia D a parte non è una teoria credibile. Invece di spiegare tutti gli elementi insieme e dare una spiegazione globale del fenomeno, ne da una lettura parziale. Rischiamo di cadere nel fondamentalismo alla rovescia, perché appunto il fondamentalismo è una lettura parziale. Per i fondamentalisti c’è un versetto, lo chiamano il versetto della spada, ayat al-sayf, Cf. il Corano (9: 5), che ha cancellato tutti i versetti della convivenza e la pace. Questa è una lettura parziale che elimina la maggior parte del testo. Secondo me dobbiamo imparare anche dall’esperienza cristiana. Per i cristiani Gesù Cristo è un uomo e Dio nello stesso tempo. Studiare Gesù uomo nella sua storia, nel suo contesto, nella sua cultura, non nega la sua divinità, ma ci aiuta ad approfondire, a capire meglio il suo messaggio divino che va oltre la storia. La stessa cosa per il Corano, capirlo nel suo contesto ci aiuta ad introdurlo nel nostro contesto di oggi.

Thomas Michel
Credo che abbiamo avuto una discussione ricca, ma dobbiamo chiudere. Io concludo con qualche considerazione. Da una parte parliamo di due tipi di Scrittura, molto diverse. Il Corano è un libro rivelato da Dio a un profeta, in una lingua, durante solo 22 anni. La Bibbia invece è una sorta di biblioteca, una raccolta di scritture sacre rivelate in varie lingue durante 1.000 anni (si può dire), tramite vari autori umani.
Da un punto di vista è un altro tipo di Scrittura. Io credo che una cosa che dobbiamo portare con noi da questa riunione è l’idea che Adnane ha lanciato e che poi è stata ripresa da varie persone: il rapporto tra il Corano, il ruolo giocato dal Corano nella religione islamica e il ruolo di Gesù Cristo nella fede cristiana. Credo che anche da un altro punto di vista c’è una somiglianza. Se qualcuno domanda ai musulmani dove in questo mondo possiamo trovare il messaggio rivelato da Dio, il messaggio eterno nella sua forma finale, perfetta, tutti i musulmani diranno nel Corano. Se qualcuno domanda ai cristiani: dove possiamo trovare in questo mondo il messaggio eterno di Dio (che lui voleva dall’inizio comunicare a noi), noi diremmo in Gesù Cristo. Allora io credo che sia importante vedere questa corrispondenza. In un senso noi cristiani neghiamo quello che è più fondamentale per i musulmani, che il messaggio di Dio nella forma più perfetta si trova nel Corano e dall’altra parte i musulmani negano quello che è più fondamentale per i cristiani, che il messaggio eterno di Dio si trova nella persona di Gesù Cristo. Allora qualcuno può dire: di che cosa possiamo discutere se neghiamo le cose fondamentali? Io direi che possiamo discutere tutto e dobbiamo discutere tutto. Due comunità che amano Dio, che vogliono fare la volontà di Dio, per le quali Dio è ciò che è più importante in tutto il mondo, devono discutere ogni cosa insieme; dobbiamo vivere insieme, perciò abbiamo dato il titolo al mio libro: alla confluenza dei due mari, perché (questa è una frase presa dal Corano, XVIII, 60) per noi significa che l’Islam e la fede cristiana sono due universi spirituali che devono incontrarsi in questo mondo.

Cipax-Incontro A Mokrani-G Barbaglio