Ricordi di famiglia
Tanto tempo fa.  Con Carla ci siamo conosciute nel  1982. Comuni destini formativi mettono insieme me siciliana e  lei veneta.  Il suo generoso accogliermi  nelle mie trasferte romane mi fa apprezzare accanto a lei Giuseppe. Lo conosco come marito di Carla e a lungo di lui non saprò molto più di questo dato anagrafico. Ma saprò da subito il suo accogliere  e partecipare    alla vita  quotidiana, ai pensieri  del vivere con una qualità che si  mostra  con discrezione e cura.
Succede  di incontrarci Carla e io complete di famiglia, ci sono  i bambini, due suoi e due miei vicini per età, facile condividere  il fare di ogni giorno.
Mi piace ricordare Giuseppe  in questo quotidiano, imboccando bambini, in giro con loro. Naturale  che la mia Sicilia che già  gli appartiene, lo scopro nel corso del tempo, per  conferenze, seminari, divenga, non molte volte  per la verità, momento di vacanza, di mare da vivere insieme.
Due momenti, proprio in riva al mare, sono nel mio ricordo, sintesi felice del modo di Giuseppe di stare nelle cose, nei pensieri, senza cesure, senza cambi di livello. Il suo un compiuto e solido trascorrere tra le diverse forme dell’esperienza. Conoscerlo è stato poter  apprezzare  in lui  tutta la forza e la potenza del vivere in  serena  fiducia, con pienezza.
A Favignana, è un episodio che  più volte è tornato nei ricordi di famiglia, delle nostre famiglie, e ancora adesso i ragazzi  ci pensano ogni tanto.  Gli interpreti principali siamo tutti, tranne Giuseppe che  però… ma andiamo con ordine.
Siamo su una spiaggia che ha all’orizzonte prossimo un’isoletta. Calma piatta.  I ragazzini sono  abbastanza piccoli, ma non tanto: scuola elementare. Ci immergiamo   io con loro, in acqua con pinne, maschere e pian piano li accompagno verso il largo. Si avvicina l’isoletta e decidiamo di raggiungerla, senza gare e senza fretta. Dalla riva Carla , sapremo poi, ci segue con apprensione. Per un po’ resiste poi  si preoccupa e coinvolge, lo sapremo sempre poi, mio marito. Insieme, dopo un po’ ,cominciano a chiamarci per farci tonare. Io e i ragazzini siamo  a trenta metri dall’approdo, proviamo a resistere, non dare ascolto, ma i richiami tolgono piacere e serenità, Un po’ di preoccupazione si insinua tra le belle acque che sostengono il nostro placido andare e così con la promessa che ci sarà un’altra occasione e che il ritorno avverrà “coraggiosamente” senza pinne torniamo, torniamo.
Giuseppe ci accoglie  sorridente,  anche lui contento dell’arrivo, certo. Ma nel   mio ricordo   e in quello dei ragazzi non c’è la sua voce a chiedere il ritorno,  le sue mani non si sono agitate nell’aria. Con i piccoli abbiamo sempre sentito che  l’impresa, l’avventurosa nuotata,   nata  trovandoci a farla senza averla decisa,  ha preso forma  nel timore  che rende coraggioso  il gesto, una volta compiuto. Il timore, i timori si sono rappresi sulle labbra di  Carla e un papà  e hanno prevalso costringendo alla resa. Il silenzio sorridente di Giuseppe  è stata la conferma che consegna al mito l’impresa di 4 ragazzini in mezzo al mare.
Molto tempo più avanti,  dopo un impegno culturale condiviso, andiamo, senza i figli ormai grandi, a Selinunte. Nonostante il  vento, la giornata luminosa  ci consente di sostare a lungo tra rovine e dune prossime al mare.  Il mondo greco, e la sua dislocazione nelle colonie siciliane, nel discorrere  condiviso, spinge a traiettorie che  attraversano  più volte le sponde del Mediterraneo. Gli ebrei e l’esodo dall’Egitto, l’andare  fenicio, ma  anche la cooptazione dell’eresia cristiana nel mondo romano , nelle parole  lievi  di Giuseppe  sono soprattutto umanità , solo umanità, bisogno vitale di sopravvivenza, di ricerca del valore, del senso del vivere.  Ascoltarlo è sentire  di essere raggiunti, ma in punta di piedi, senza percepirne il peso, la complessità da un pensiero  che ha come principale qualità l’essere cosi  levigato e semplice  da  spingerti  a due sostanziali percezioni: la bellezza del pensare, la forte qualità estetica  delle idee nel loro sostanziare  il discorso  e la gioia, la serenità che accompagna l’aver compreso, l’ascoltare parole che comprendono.
Familiarmente, pianamente, semplicemente.

Marisa Mondello, Palermo