Il sorriso di Giuseppe diveniva ancor piu’ sereno e dolce mentre accoglieva gli amici che si riunivano nel ”cenacolo” spontaneo della sua casa , in via del Pellegrino, a Roma . Insieme , per affinita’ elettive e scelte personali . Insieme , intorno al tavolo vivificato dai piatti preparati da Carla con lucida sapienza .
Come in un laboratorio chimico , dove ogni elemento vaghi libero , pronto pero’ a far corpo con altri fattori della conversazione, parole e giudizi , interrogativi e risposte problematiche o limpide trovavano una spontanea forza di aggregazione . E il caleidoscopio dei concetti e delle immaginazioni era vario e appassionato . Le vicende della politica, con le analisi pessimistiche o la ricerca di una speranza  possibile per la tenuta  civile del Paese ; la rassegna – venata di ironia – di gaffes e ”cadute”  degli  establishment  con la loro frequente arroganza; lo sguardo sugli avvenimenti spesso forieri di preoccupazione per la tenuta del sistema politicog democratico , gia’ in anni vicini preso di mira da diversi pericoli .
Scambi di parole e silenzi , domande e riflessioni , contenute in leggeri involucri di interroativi e risposte. Parole e silenzi lontani da ogni pedanteria , legati anche a sorrisi e spunti satirici per esorcizzare i rischi di ogni pensiero ossessivo.

Un giro di buon vinello rosso, poi  le parole si condensavano intorno ai fatti del vivere quotidiano e delle cronache italiane , a volte intrise di un allarmante deficit di solidarieta’ e condizionate  da una visibile vocazione consumistica . ” Il segno dei tempi ” , osservava qualcuno . Giuseppe ascoltava , interloquiva e offriva a tutti una sintesi lucida, non segnata da visioni preconcette ma sempre serena nella sua precisione senza sconti.

Quando il discorso toccava le scelte della Chiesa di fronte alle questioni della vita sociale , le opinioni di Giuseppe acquisivano la chiarezza di scaglie argentate, definite e brillanti nei loro contorni . Critica di ogni visione superata, anacronistica, basata sulla indifferenza anzicche’ sull’apertura  verso i dolori e le apprensioni del mondo e dell’umanita’
Qui , su questo terreno , in virtu’ di quelle coversazioni , si realizzava una sintesi di osservazioni , idee e propositi che davano il senso di un ” idem sentire ” in grado di unificare — sul campo delle conclusioni condivise– credenti e ”laici” , persone inserite nell’universo della fede e persone rivolte alla giustizia sociale sancita dalle leggi della Repubblica .
Perche’ cio’ e’ possibile fra persone di buona volonta’  che si confrontano intorno a un tavolo ospitale ed e’ invece  ancora difficile in tanti livelli istituzionali ?
Fu Giuseppe, una volta, a ricordarci le parole del filosofo Benedetto Croce : ” Non possiamo non dirci cristiani ” . Una storica considerazione che da’ luce a credenti a non credenti sul cammino delle fratellanza universale .

Chi ha avuto la sorte di incontrare e conoscere Giuseppe Barbaglio , biblista e studioso , sa che il traguardo potrebbe essere  raggiunto se  all’idea  della conservazione del potere si sostituisse una volta per tutte l’impegno pieno per l’emancipazione dell’uomo ad ogni latitudidine .
A te , caro Giuseppe , il pensiero di chi ha conosciuto la tua profonda umanita’  e la tua visione limpida del ” mestiere di vivere” . Quando passeremo in via del Pellegrino ci chiederemo ancora una volta perche’ non c’e’ , intorno a noi , un mondo migliore. E sorretti dal ricordo del tuo sorriso e del tuo pensiero , ci diremo  che  dipende anche da noi .

Mimmo Liguoro, Roma