VASTI

CHE COS’È UMANO?

Scuola di ricerca e critica delle antropologie

Seminario 20 05 2006 : Ripresa del tema del servo

Relatore: Giuseppe Barbaglio

L’abbinamento tra il motivo del servo che appare nella lettera di Paolo ai Filippesi (Fil. 2) e la società e il lavoro come era organizzato nell’antichità con la duplice faccia dei servi e dei signori, non mi sembra molto chiaro nelle Scritture.

Invece molto chiaro nelle Scritture, soprattutto in Paolo, è uno sguardo critico sulla concezione signorile: in Paolo c’è una contestazione molto forte, se così possiamo dire, e questo per motivi cristologici e non per motivi antropologici. Paolo non esprime una sensibilità particolare direttamente per l’uomo, aveva invece una grande sensibilità per Cristo; però questa aveva dei riflessi importanti di tipo antropologico.

Su questo orizzonte di pensiero voglio scorrere alcuni testi. Il più famoso è Filippesi 2, che stava al centro della lettura di Franco Rodano, il quale non voleva fare una esegesi, vi voleva cogliere delle dimensioni antropologiche implicite da dedurre dal testo.

Questo Inno ai Filippesi è probabilmente pre-paolino e Paolo lo fa proprio.

Si tratta di un inno cristologico. Esso presenta per così dire la “storia” di Gesù. È un testo costruito su due piani: il piano dell’abbassamento (etapéinosen in greco) e il piano del conseguente superinnalzamento (hyperypsosen). Il superinnalzamento di Cristo corrisponde al suo autoabbassamento. Questo autoabbassamento ha come presupposto il fatto che egli prima di essersi abbassato stava in alto; lui che sussisteva nella forma di Dio, godeva cioè di una condizione (morphé) divina, ha preso la forma dello schiavo (morphé doûlou). Questa morphé non indica un aspetto esterno, accidentale della realtà. Si tratta di una condizione che caratterizza il soggetto, non di una caratteristica accidentale. Lui che godeva di una condizione divina, gloriosa, non ritenne – anche questo testo è molto discusso – un possesso rapito l’essere eguale a Dio. Cioè l’essere eguale a Dio non è l’oggetto di un atto di rapimento, un po’ come Adamo aveva invece tentato nel giardino di rapire l’essere come Dio. No, l’essere come Dio gli appartiene, gli appartiene questa condizione divina gloriosa. Ma egli “svuotò se stesso” assumendo la condizione dello schiavo: è una condizione essenziale, non è una condizione accidentale. Il confronto tra la forma di Dio e la forma dello schiavo dice che schiavo in questo caso è l’uomo nella sua condizione terrena, mortale, caduca, in opposizione, in antitesi alla condizione divina gloriosa e immortale. Non ha un significato – noi diremmo – direttamente “sociale”. La prospettiva è quella della incarnazione, come una storia di autoabbassamento, di svuotamento della sua gloria divina di colui che era uguale a Dio. Subito dopo Paolo dice: “en omoiómati antrópon genómenos”; lui che è diventato, che ha condiviso la condizione umana (omoiómati non è la similitudine – simile all’uomo – ma la condivisione). In questo passaggio da “schiavo” alla condizione umana, è chiaro che schiavo vuol dire la condizione umana, rispetto alla gloria divina, immortale. “E apparso (skémati) all’esterno come un uomo”: questo è interessante; Paolo dice: guardando Gesù egli appariva un uomo come un altro; perché a quello splendore divino che aveva presso Dio lui ha rinunciato; si è svuotato di quello splendore; e poi etapéinosen, si abbassò, diventando obbediente fino alla morte, e persino alla morte di croce”. Dunque abbiamo lo schiavo, doûlos, in antitesi a Dio, però questo doûlos poi è colui che va a una morte “servile”. Seneca diceva che la morte di croce era supplicium, tortura, servile, cioè riservata agli schiavi: l’abbassamento di colui che era nello splendore divino raggiunge questa profondità della morte tipica degli schiavi; quindi si è fatto uomo mortale, e di una morte tipica degli schiavi. L’autoabbassamento è il primo riferimento di doûlos. Il secondo riferimento di doûlos è al superinnalzamento, hyperypsosen come recita il verbo greco: mentre l’abbassamento è la scelta di Gesù, come colui che era uguale a Dio: è lui che si è abbassato; ma poi non è lui che si è innalzato, è Dio che lo ha super-innalzato: è un dono che riceve, mentre l’autoumiliazione è la scelta sua. E proprio perciò Dio lo ha superesaltato e gli ha fatto dono di grazia – ekarísato – del nome che è al di sopra di ogni nome (il nome non è qualcosa di esterno, è la qualifica fondamentale) “affinché nel nome di Gesù Cristo ogni ginocchio si pieghi degli esseri che stanno nel cielo, di quelli che stanno sotto la terra, e ogni lingua confessi (riconosca) che Gesù Cristo è il kyrios”. Anche qui c’è l’antitesi tra doûlos e Kyrios.

Egli è diventato Signore e perdono gratuito. Dunque come contrappeso a questo abbassamento fino alla croce, c’è questa azione di Dio che lo ha costituito Kyrios, Signore universale, Signore del mondo, un “cosmocratore”, al di sopra degli esseri che stanno nel cielo (nel mondo di allora tra il cielo e la terra c’era questo mondo di mezzo, costituito dalle Potenze, da questi esseri sovrumani che avevano un peso, anche negativo, sulla storia) e degli esseri che stanno sotto terra. E questo riconoscimento della signoria di Cristo non è un riconoscimento di fede, ma una situazione oggettiva: egli è diventato, per grazia di Dio, il Signore del mondo; lui che era il servo, lo schiavo finito sulla croce.

Domanda: Qui si parla di Gesù Cristo, del Verbo…?

– Barbaglio: Sì, si tratta sempre di Gesù Cristo. Infatti l’inno cristologico, al versetto 5, dice: Voi dovete avere tra voi gli stessi sentimenti (non si tratta di sentimenti emozionali ma del mondo interiore) che sono in Cristo Gesù. Quindi il soggetto è Cristo Gesù.

Il testo parallelo è 2 Corinti 8, 9 dove in un contesto dove Paolo parla della colletta, egli presenta a quelli di Corinto il grande esempio di Cristo. Si tratta della colletta per i poveri della comunità di Gerusalemme; si trattava di sovvenire ai bisogni di quella comunità; non era solo un’elemosina, aveva un significato più vasto. E Paolo presenta appunto l’esempio di Cristo, il quale “da ricco che era – (c’è dunque questa metafora della ricchezza e della povertà; qui ricco è nel senso di essere uguale a Dio, come si è visto nella lettera ai Filippesi) – si è fatto povero”, cioè è diventato un essere mortale, un essere umano. Però mentre nel testo di Fil. 2 non c’è alcuna prospettiva di salvezza, cioè tutta la storia riguarda Gesù, non riguarda direttamente noi, invece qui lui “si è fatto povero per arricchirci della sua povertà”: cioè questa condivisione della condizione umana ha una finalità salvifica nei confronti dei credenti.

Un altro testo pertinente è Galati 4, 4. dove si dice che quando la storia raggiunse il suo zenit (pleroma), Dio mandò il suo figlio. Qui non abbiamo l’auto-abbassamento ma è tutta una iniziativa di Dio. Dio mandò il suo figlio – dunque era già figlio nel mondo di Dio – “nato da donna”; cioè non solo lui è diventato uomo ma lo è diventato al modo umano; la generazione da donna era così qualificante dell’essere uomo, che ne è la definizione: l’uomo è il “nato da donna”. È nato da donna e “sotto la legge”: “upó nómon”. Cioè lui è diventato un ebreo: quelli sotto la legge erano gli ebrei. Ma c’è questa finalità soteriologia: “per riscattare quelli che sono sotto la legge e affinché noi raggiungessimo l’adozione a figli. “.

Nel Concilio poi di Calcedonia si è definito il dogma cristologico parlando delle due nature, divina e umana, e dunque si parla della “natura umana”; si dice che l’incarnazione è l’assunzione della natura umana. Nei testi del Nuovo Testamento non c’è questo riferimento alla “natura umana”. Non è diventata questa una caratteristica astratta: lui è diventato un uomo concreto del suo tempo, è diventato un ebreo; essere ebreo è la sua connotazione incarnazionistica. Giovanni non lo poteva dire, quando nel prologo del Vangelo di Giovanni si dice che il Verbo diventò (egéneto) nella storia, il Logos divenne carne (sarx), cioè uomo fragile, mortale, caduco. Se avesse detto: “diventò ebreo” forse la storia cambiava.

Questa è la cosa da capire. L’incarnazione non è un’assunzione da parte del figlio di Dio della natura umana, come di qualcosa che è uguale a tutti, lui è diventato un individuo umano; c’è questa individuazione ebraica di Gesù, sottomesso alla legge. E questo “upó nómon” nella risonanza paolina è una sudditanza di tipo schiavistico, perché Paolo dice che l’evento di Cristo è la liberazione dalla legge: voi non siete più “upó nómon”, voi siete sotto la grazia. Lui è diventato schiavo della legge per liberare gli schiavi della legge.

Un altro testo importante è Marco 10, 42-45, un testo che si può far risalire abbastanza tranquillamente, almeno in una parte, quella che qui più ci interessa, può risalire benissimo a Gesù. In 10, 42 Gesù dà questo insegnamento al suo gruppo, alla sua comunità in cui si erano manifestati

>fenomeni di bramosia di posti: voi sapete che quelli che sono i potenti di

>questo mondo hanno fanno pesare la loro signoria (katakyrioô) sui

>sottomessi; ma tra voi non deve essere così. Al contrario colui che vuole

>diventare grande (megas) tra voi, sia il vostro diakonos, cioè il vostro

>servitore: il diakonos era originariamente un servitore della casa che

>serviva il padrone e gli ospiti a tavola, al triclinium. E aggiunge il

>motivo del suo esempio: “il figlio dell’uomo che sono io non è venuto per

>essere servito ma per servire”. Dal gioco dei due verbi, l’uno al passivo e

>l’altro all’attivo, emerge l’esempio di Gesù: diakonos in senso attivo,

>diakonos dei suoi. Il vangelo di Marco continua così: “(per servire) e dare

>la sua vita in riscatto per la moltitudine degli uomini”. Ma sembra

>un’aggiunta della tradizione marciana o anche dello stesso Marco. Non per

>nulla manca in Luca. Parimenti devono comportarsi i leader nella comunità:

>essere servitori degli altri, non i signori.

>

>Importante è anche il testo di 1° Corinti 8, 6, un testo straordinario, in

>cui Paolo presenta in breve una confessione di fede. Siamo nel contesto del

>problema delle idolotiti, carni di animali immolate nel tempio come

>sacrificio che venivano poi mangiate sempre all’interno del tempio nei

>ristoranti annessi; il sacerdote era anche ristoratore che serviva le carni

>agli offerenti e ancor prima macellaio perché macellava le vittime da

>offrire alla divinità. Paolo dice prendendo posizione sul problema se i

>credenti potevano tranquillamente partecipare a tali riti pagani: alcuni

>vi andavano tranquillamente consapevoli che esiste un solo Dio e dunque

>che questi pranzi all’interno del tempio sono espressione non di culto

>bensì di pura socialità; altri invece li consideravano vero e proprio culto

>idolatrico, erano i deboli che non avevano interiorizzato la loro fede

>monoteistica. Paolo interviene dicendo: “Ci sono molti signori (kyrioi) e

>molti dei a questo mondo”. Un’affermazione sorprendente per un monoteista

>come lui. Non si tratta però di un’affermazione essenzialistica. Il

>significato delle sue parole è il seguente: “ci sono molte persone a questo

>mondo che adorano molti dèi e molti signori”. Cioè ci sono nella

>soggettività di tante persone a questo mondo signori e dèi; molti uomini

>riconoscono determinate persone o realtà come signori e dei e quindi vanno

>tributando loro culto e adorazione, e vi si sottomettono. In breve, Paolo

>distingue qui tra il piano oggettivo – non c’è nessun Dio tranne uno – e il

>piano soggettivo – nella soggettività umana ci sono molti dei e molti

>signori -. E continua: “Ma per noi c’è un solo Dio (heis theos) – qui Paolo

>mostra di essere in continuità con tutta la tradizione ebraica però

>aggiunge – e un solo Signore (heis kyrios)”. In una formula, c’è una parte

>rilevante di umanità che è schiava di molti signori e di molti dei, e ci

>siamo noi credenti, dice Paolo, per i quali c’è un solo Dio e un solo

>Signore. Al monoteismo ebraico l’apostolo aggiunge la monokirialità di

>Gesù: i cristiani non riconoscono nessun altro signore a questo mondo, come

>deduce lo stesso Paolo in 1 Corinti, capitolo 7 versetti 21-22 e 23 dove

>egli relativizza le due condizioni sociali di schiavitù e libertà per

>sottolineare l’importanza di schiavitù e libertà in senso esistenziale, più

>profonda che coinvolge le persone nel loro intimo. Ecco le sue parole: tu

>sei stato chiamato a credere nella situazione di schiavitù, schiavitù

>sociale, sei un liberto (apeleutheros) che appartiene totalmente al

>Signore. Certo, tu hai questa dipendenza sociale ed economica, però nella

>tua vita, nella tua persona il rapporto totalizzante è con il Signore, tu

>appartieni solo a lui. E chi è libero sociologicamente, è doulos (schiavo)

>di Cristo, cioè vi appartiene totalmente. Vorrei richiamare la

>conversazione che ha tenuto Tranquilli, molto bella, in cui è stata

>evidenziata la concezione tipica del mondo greco che concepiva il servo, lo

>schiavo come colui che appartiene ad un altro, mentre la libertà era intesa

>come essere sciolti da rapporti con gli altri. Paolo invece non concepisce

>la verità come scioglimento da, autonomia assoluta; per lui la libertà

>cristiana è appartenenza totalitaria a Cristo per cui noi non riconosciamo

>come signore nessun altro. Detto in termini brutali per Paolo la libertà

>cristiana è cambiare signoria; viene annullata ogni signoria umana e al suo

>posto subentra l’appartenenza totale a Cristo. Non per nulla conclude con

>questa esortazione: “Non fatevi schiavi di uomini”, lo siete di Cristo.

>

>Paolo stesso poi dice di essere doulos Christou, schiavo di Cristo, gli

>appartiene totalmente, come scelta sua. Vedi Romani 1, 1; Filippesi 1, 1 e

>in 2 Corinti 4, 5 afferma di annunciare non se stesso, ma Gesù come l’unico

>Signore. L’oggetto del Vangelo è la signoria di Gesù, la sua signoria

>esclusiva. E aggiunge: “noi siamo gli schiavi vostri per amore di Cristo”.

>Vi si esprime la dedizione totale dell’annunciatore.

>

>In Galati 5, 13 Paolo definisce la libertà in termini di ossimoro; così

>infatti esorta; “Fatevi schiavi gli uni degli altri in forza dell’amore”.

>Bellissimo testo espressivo di servizio reciproco, come amava insistere

>Rodano. Paolo parla di schiavitù ma reciproca in cui alternativamente nella

>comunità si è schiavi e signori: si rende servizio e si riceve servizio. E

>schiavitù in forza dell’amore, che rende possibile il diventare schiavi gli

>uni degli altri.

>Un altro testo straordinario di Galati è 3, 28 che è citato anche da

>Rodano: “Per voi che siete in Cristo non c’è nè giudeo nè greco, nè schiavo

>nè libero, non c’è maschio e femmina; voi siete un solo essere in Cristo

>Gesù”. Paolo non dice che le diversità religiose, sociali, naturali

>spariscono; esse restano ma non definiscono più la persona, cioè non hanno

>più valore identitario: “perché voi siete un solo essere nuovo in Cristo

>Gesù”, voi avete una nuova identità, quella di essere in Cristo Gesù.

>Questa comunione con Cristo dona ai credenti una nuova identità.

>

>Infine in 1 Corinti 4, 12 Paolo parla ai credenti di Corinto che si

>ritenevano di essere re. E Paolo soggiunge: “Fosse vero, perché in questo

>modo anche noi saremmo re”, noi che siamo gli annunciatori, e invece siamo

>poveri uomini. Ora una caratteristica di questa bassezza dell’annunciatore

>è appunto il fatto di lavorare manualmente. Nel mondo greco il lavoro

>manuale era riservato agli schiavi. Paolo dice che il lavoro manuale lo

>affatica e ne dice la condizione umile, di poveri uomini davanti alla

>arroganza dei credenti di Corinto che ritenevano di essere dei signori e

>dei re. In 1 Corinti 9, 6-12 poi dice: noi in quanto apostoli avremmo il

>diritto di farci mantenere, cioè di non lavorare con le nostre mani, però

>non ci siamo avvalsi di questo diritto, perché il Vangelo che proclamiamo

>sia un dono gratuito e nessuno pensi che noi abbiamo un interesse privato

>in materia. Paolo si riferisce ai tanti predicatori del tempo che si

>facevano mantenere; lui e Barnaba invece avevano scelto, quando si

>presentavano in una nuova località, dunque al primo annuncio, di campare

>del lavoro delle proprie mani; poi quando una comunità cristiana paolina

>già costituita voleva dare delle sovvenzioni, le accettavano.

>Ai credenti di Tessalonica che probabilmente facevano uno sciopero

>escatologico: Cristo sta per venire, dunque non dobbiamo lavorare, Paolo

>dice di vivere una vita tranquilla nel lavoro e di non farsi mantenere

>dagli altri. E in 2 Tessalonicesi 3, 10 che però è una lettera della sua

>tradizione, non direttamente sua, afferma che chi non lavora non dovrebbe

>neanche mangiare.

>

>

>

>Interviene Raniero La Valle:

>

>Grazie, allora adesso sentiamo Carlo Molari, mi sembra interessante questa

>articolazione tra xxx e l’antropologo perché proprio tra le cose che diceva

>Giuseppe a me ha colpito un dato, vale a dire che la diversità del termine

>usato del linguaggio tra Marco e Paolo, vale a dire in Marco c’è il termine

>xxx, un termine che non suscita particolari emozioni, è meno forte, xxxxx

>quindi un accentuazione più di carattere pragmatico, morale, spirituale

>quindi vuol dire che questo termine era disponibile, e invece Paolo usa il

>termine doulus, lo usa evidentemente a ragion veduta e in modo molto forte,

>allora la domanda è, e vorrei che su questo poi ci aiutasse a riflettere

>Carlo, se questo ricevimento a Gesù Cristo come doulus, al di là

>dell’esprimere l’attitudine di Gesù Cristo al servizio, a darsi come gli

>altri, xxxx noi non ce l’abbiamo xxx Gesù Cristo doulus xxxxxxxxxxxx

>allora io mi domando se il potere del doulus ha una pregnanza di carattere

>proprio ontologico così come nella società antica la differenza tra il

>Signore e il servo non è solamente una differenza di grado è una differenza

>ontologica perché il doulus in realtà è il verbo riconosciuto come uomo,

>era l’uomo di altri quindi la sua qualifica di uomo derivava dall’uomo di

>cui era doulus, di cui era lo schiavo ma non era uomo di per se, era uomo

>in quanto uomo di altri e allora ci sono questi due estremi proprio nella

>scala dell’essere, da un lato c’è Dio e dall’altra parte c’è lo schiavo e

>l’uomo è un po’ più su dello schiavo e sotto Dio. Questa è la cosa

>intrigante e siccome poi la caratteristica specifica del doulus era il

>lavoro se in questa assunzione della condizione del servo, del doulus c’è

>specificamente questa assunzione del lavoro come opera propria dell’uomo e

>non come invece opera dell’uomo minore, dell’uomo non riconosciuto, del

>sotto uomo.

>

>

>Carlo Molari:

>

>La struttura della società ebraica non era quella romana, l’ebreo non

>poteva essere schiavo di un altro ebreo, anche quando il padre vendeva il

>figlio per pagare i debiti c’era poi la scadenza dell’anno giubilare, c’era

>sempre un limite per cui io credo non si possono forzare i termini però io

>credo che è una riflessione che può essere sviluppata, vorrei inquadrarla

>in un altro modo. Vorrei prima di tutto inserirvi in questa riflessione

>che i processi avviati da Gesù non sono ancora compiuti, cioè le verità che

>egli ha vissuto, lo sconvolgimento potremmo anche dire che ha introdotto

>nella società del suo tempo era così esigente che non c’è stato ancora il

>tempo per viverlo pienamente, perché il tempo è una componente essenziale

>del processo, Gesù ha avuto delle intuizioni così diremmo profetiche, nel

>senso che ha anticipato i tempi al punto che non poteva essere accolto in

>quel tempo, in quella stagione e d’altra parte anche coloro che hanno

>accolto la prospettiva non sono ancora riusciti e noi ci troviamo ancora

>indietro rispetto alle sue esigenze e questo lo dico perché la riflessione

>che avete avviato credo che ci sollecita anche ad interrogarci su che cosa

>oggi ci è chiesto per portare avanti quegli ideali che egli ha accolto, ha

>vissuto fino a morirne, credo che il riferimento alla morte sia essenziale

>per chiarire bene questa servitù, questa schiavitù a cui si è assoggettato.

>Ma procediamo con ordine. A proposito di questo c’è un osservazione che fa

>un giurista in un volume “Pena e retribuzione: la riconciliazione tradita”

>che è il rapporto tra Cristianesimo e pena, lui sostiene Visnè che in

>realtà che anche il Cristianesimo ancora non ha attuato nulla di quello che

>Gesù ha proposto riguardo alla misericordia e al perdono e alla

>riconciliazione e dice che finora questa idea di Gesù è stata tradita e

>dice tra l’altro finche misericordia, perdono, riconciliazione sulla scia

>del tradizionale pensiero occidentale resteranno estranei al concetto di

>giustizia, finche la teologia dimenticherà di trasferire dalla dogmatica

>all’etica penale l’idea biblica della giustificazione come dogma e non come

>effetto di una prestazione, cioè del fatto che noi facciamo qualche cosa

>per ottenere perdono, ecco finche non c’è questo passaggio gli impulsi

>riconciliativi del Nuovo Testamento in particolare ma già dei profeti, non

>potranno trovare adeguata espressione, di qui la sintomatologia del servo

>inutile riferibile al pensiero teologico. Credo che questa osservazione che

>lui fa a proposito della pena e quindi del modo di vivere appunto la

>punizione anche del delinquente nell’ambito cristiano, credo che valga

>anche a proposito di questo discorso del servizio reciproco, che ha tante

>forme ma che diventa proprio un esigenza essenziale non è un volontariato

>per intenderci, diventa proprio una condizione di chi vuole avvisare quella

>fraternità che Gesù ha presentato come ideale, allora in questa prospettiva

>ci chiediamo che cosa ha voluto fare Gesù e quindi come interpretare le sue

>scelte che l’hanno condotto alla morte e potremmo poi vedere, ma questo ci

>porterebbe troppo lontano, quali sono le ragioni per cui questa rivoluzione

>di Gesù non è stata ancora pienamente accolta, ecco allora le scelte di

>Gesù che cosa hanno implicato questo diventare schiavo cioè mettere a

>disposizione la propria …

>

>giro lato cassetta 1

>

>…nella discussione del testo dei Filippesi perché lo ha già fatto

>Barbaglio, io volevo però far notare che il soggetto dell’abbassamento è

>indicato Gesù Cristo ma questo per una trasposizione quella che poi

>chiameranno i padri la comunicazione degli idiomi, cioè lo voglio spiegare

>un momento questo altrimenti non si può dire che Gesù si è abbassato perché

>il termine Gesù è il termine dell’uomo che è stato innalzato però negli

>inni soprattutto e questo è un inno c’era continuamente questa

>trasposizione cioè che veniva appunto chiamata comunicazione degli idiomi

>come quando si dice che per mezzo di Gesù tutto è stato fatto, cosa che è

>una caratteristica del Verbo, non è che per mezzo di Gesù Cristo tutto è

>stato fatto, anche nel testo che hai citato dei Corinti, un solo Signore,

>per cui tutto è stato fatto, lo dice di Dio e poi lo dice di Gesù Cristo,

>ora questa è una trasposizione che negli inni cristologici è comprensibile

>perché lo facciamo anche noi nelle poesie, il termine che utilizzavano i

>padri appunto comunicazione degli idiomi, in che consiste? E’

>l’attribuzione di una qualità di un soggetto ad un altro soggetto in virtù

>di un rapporto, in virtù di una relazione, quella che poi noi utilizziamo

>abitualmente per esempio nella metafora, quando noi diciamo per esempio

>”Pietro è un leone” noi utilizziamo questa trasposizione in virtù di un

>rapporto, cioè di una qualità, in questo caso non lo so la forza, o qualche

>altra caratteristica che ci impressiona di una persona e per cui come

>sappiamo la lingua che utilizza il verbo essere come copula, come unione

>tra soggetto e predicato la utilizza con due utilità diverse, tutte le

>lingue che hanno il verbo essere come copula hanno due modalità diverse di

>utilizzare il verbo essere, o come identità o come relazione, per cui se

>diciamo Gesù è uomo affermiamo l’identità, se affermiamo Gesù è Dio

>affermiamo la relazione non l’identità perché l’identità è data dalla

>natura, ora come giustamente dice Calcedonia sono due nature, cioè la

>realtà umana non è la realtà divina per cui se diciamo Gesù è Dio lo

>diciamo per relazione non per identità, e anche nell’inno cristologico

>commentato molto dettagliatamente da Giuseppe la natura ecco essendo in

>forma divina non è la natura divina perché la natura divina è rimasta

>divina, è la manifestazione esteriore della perfezione per cui è giunto poi

>alla glorificazione, alla gloria ed è stata la manifestazione della

>ricchezza che conteneva l’ipostasi cioè ciò che soggiace quella forza

>creatrice che alimenta il processo e conduce Gesù a diventare figlio nella

>resurrezione, ma questa impossibilità di manifestare la perfezione divina

>compiutamente nella carne umana è legata anche al fattore tempo che lì

>Paolo non richiama ma che nella lettera agli ebrei richiama quando dice che

>nei giorni della sua vita terrena elevò preghiere e suppliche e dice

>divenuto perfetto dice precisamente “nei giorni della sua vita terrena egli

>offrì preghiere e suppliche con forti gride lacrime a colui che poteva

>liberarlo da morte e fu esaudito per la sua pietà pur essendo figlio in

>parole ubbidienza dalle cose che patì e reso perfetto divenne causa di

>salvezza eterna per coloro che gli ubbidiscono”. Ecco quindi questo

>processo l’inno cristologico lo salta completamente e proprio perché tiene

>presente già il traguardo a cui è arrivato in questo senso io credo che

>non si può identificare ciò che appartiene al Verbo eterno cioè all’azione

>di Dio che alimenta il processo della creazione della storia e che in Gesù

>ha trovato una possibilità di manifestazione suprema in carne umana con il

>soggetto che storico cioè Gesù Cristo. Ecco non so se questo è chiaro,

>anche nell’inno cristologico etc.

>Interviene qualcuno dal pubblico il problema della preesistenza di Gesù,

>può essere intesa in due modi a mio avviso cioè da una parte c’era questo

>essere completamente divino, il quale è diventato uomo e poi nella

>resurrezione è diventato kyrios, cioè come un essere come dire oggettivo,

>questa sarebbe una concezione come dire mitologica, un’altra possibilità e

>io ritengo che Paolo non era molto interessato alla preesistenza, la sua

>attenzione è il passaggio da Gesù che era un uomo a Gesù che nella

>resurrezione diventa uomo, questo è il vero problema per lui allora questo

>della preesistenza potrebbe essere inteso come che questo uomo è sempre

>stato nella mente di Dio nel progetto di Dio ed è stato nel progetto di Dio

>con tutto lo splendore del mondo di Dio per cui questo essere pensante

>amato da Dio è Gesù di Nazareth, (questo è più Giovanni – sottolinea

>Barbaglio), cioè quello che io vorrei dire è questo: la cosa importante

>per Paolo almeno per lui è questo, Gesù è questo uomo che nella

>resurrezione diventa la xx diventa come dire il principio, il kyrios, cioè

>dal doulus al kyrios, però c’è questo elemento che appare che lui prende

>dalla tradizione, questo elemento vuol dire che questo uomo non è diventato

>casualmente il kyrios, questo uomo era nel progetto di Dio (interviene

>qualcuno dal pubblico chiedendo: nel progetto o nel desiderio?) – nella

>mente e nel cuore di Dio diciamo, allora quello che voglio dire io è

>questo, il soggetto di questo è semplice, Gesù di Nazareth resuscitato,

>perché il problema della divinizzazione di Gesù è la resurrezione, lì è

>diventato il kyrios, perché lui kyrios non lo era, non dice lui era

>kyrios è diventato doulus e poi è ritornato a fare il kyrios, lui era

>questa somiglianza con Dio, era nel pensiero di Dio, ecco questo uomo era

>nel pensiero di Dio ed è stato resuscitato ed è diventato quel che è

>diventato; cioè voglio dire se noi possiamo uscire da questa immaginazione

>come dire di un essere distinto da Dio, come un essere oggettivo, mentre

>questo uomo è sempre stato pensato da Dio perché paolo poi dice che non c’è

>solo la preesistenza di Gesù c’è la preesistenza nostra, dei credenti

>(Romani 8) quindi anche noi siamo stati sempre pensati da lui però con una

>differenza, noi siamo stati pensati come figli nel figlio, in lui invece

>lui è stato pensato per se stesso o comunque come colui che all’immagine

>del quale noi diventiamo figli nel figlio.

>Domanda di Raniero La Valle.

>Volevo domandare allora c’è una differenza tra Dio e Signore, perché si è

>detto che non è che era Signore poi diventa schiavo e ridiventa Signore era

>nella forma di Dio allora non era Signore, c’è qui una differenza tra Dio e

>Signore,

>Risponde Barbaglio

>C’e l’essere Gesù Cristo come era in Dio e l’essere Gesù Cristo come

>Signore.

>Riprende Carlo Molari:

>Qui ci sarebbe un problema e cioè se questo pensiero di cui tu parli

>giustamente deve essere inteso come progetto da imporre o come offerta

>fatta continuamente rinnovata nella storia che ha avuto questo risultato

>per cui noi poi vediamo ma questo è un discorso che ci porterebbe lontano,

>ma teniamolo tra parentesi perché questo ci serve per capire le scelte di

>Gesù su cui adesso vogliamo riflettere un istante, dico solo il senso di

>questa parentesi; ammettete anche che l’azione di Gesù, l’azione di Dio in

>Gesù non fosse stata accolta, non fosse giunta a quella perfezione a cui

>poi è pervenuta, perché per esempio il piccolo resto di Israele non è stato

>sufficientemente fedele così da consentire il sorgere di un uomo nuovo, xxx

>sarebbe successo l’azione di Dio avrebbe tentato altre vie cioè voglio dire

>non dobbiamo considerare il progetto di Dio come una cosa così determinata

>e assoluta che imposta, come anche per noi parlare del progetto di Dio su

>di noi è molto ambiguo, Dio è creatore cioè offre molte possibilità, molti

>progetti da attuare e nella storia dipendono da casualità, da particolari

>circostanze, dalla fedeltà con cui rispondiamo, in questo senso Gesù è

>stato così fedele da pervenire a quel traguardo ma questo è stato anche

>possibile perché è stato educato in una famiglia prima e in una comunità di

>emarginati che ha consentito una fedeltà tale all’azione di Dio da far

>sorgere un uomo nuovo, cioè manteniamo la possibilità delle componenti

>casuali e storiche perché Dio non impone i progetti li offre e ne offre

>tante da realizzare. Chiudiamo ora questa parentesi e procediamo ora al

>punto centrale.

>Interviene Giovanni Franzoni:

>Volevo solo richiamare, xxx perché siamo usciti dal paradiso terrestre e

>Dio piange perché proprio ora che eravate diventati come me.

>Riprende Carlo Molari:

>Paradiso terrestre è una prospettiva futura, non siamo mai stati nel

>paradiso terrestre; non c’è mai stato un uomo perfetto Adam è l’uomo ideale

>a cui dobbiamo pervenire. In questo orizzonte cerchiamo di capire le

>scelte di Gesù, perché io credo che è questo il punto, perché Gesù è

>diventato schiavo perché ha vissuto con fedeltà proprio il progetto che ha

>intuito, il progetto salvifico si è dedicato interamente, ha consegnato la

>sua vita perché l’azione di Dio giungesse a realizzare: cosa vuole Dio? Ma

>sia da parte storica: cosa ha scelto Gesù? L’inno cristologico ha esaminato

>unite le due prospettive in un unico processo, io credo che per capire

>meglio il messaggio dobbiamo mantenere distinte le due nature, le due

>componenti del processo della salvezza, perché questo vale anche per la

>nostra vita, il processo di salvezza in cui noi siamo inseriti ha due

>componenti l’azione creatrice di Dio che dal fondo alimenta, che offre

>possibilità e l’espressione concreta e la sua azione xx concretamente

>attraverso i nostri pensieri, i nostri desideri, le nostre scelte, le

>nostre decisioni, ora partiamo dalle scelte di Gesù attraverso cui

>riusciamo ad intravedere qualcosa delle dinamiche divine ma il punto

>immediato delle nostre decisioni ma il primo punto sono le scelte di Gesù,

>perché sono quelle che hanno intrecciato quella storia umana in cui

>l’azione di Dio è fiorita, in cui si è manifestata allora certamente io

>credo che le scelte di Gesù compiute quindi l’insegnamento che ne è

>derivato, che ha espresso attraverso l’esperienza che compieva, ecco forse

>se erano state delle scelte così rinnovatrici che, appunto dicevo

>all’inizio, non c’è stato ancora il tempo per viverlo pienamente, d’altra

>parte 2000 anni sono realmente pochi in un processo culturale e spirituale

>di tale portata e in questo senso dobbiamo sentirci come attori di una

>avventura che è ancora in corso, che non si è esaurita, non sapremo cosa

>vuol dire quando si esaurirà, che cosa sorgerà ma in ogni caso dobbiamo

>essere consapevoli che siamo ancora inseriti in un processo storico che è

>in corso e che possiamo tradire, anzi abbiamo tradito tante volte a dir la

>verità nel nostro lungo cammino. Certamente io credo che le decisioni, il

>progetto che Gesù ha presentato, di una fraternità fondata e quindi su una

>uguaglianza completa, poi Paolo ha espresso, lo ha ricordato appunto bene

>Giuseppe, fondata sull’azione di Dio riconosciuto come principio da cui

>tutti ricevono xxx per cui tutti sono, Paolo poi riprende questa forma che

>anche nei Sinottici, da cui tutti hanno vita, lo dice quando nella polemica

>con xxxxx non è Dio dei morti ma dei vivi, perché per lui tutti vivono,

>allora questo modo di prospettare questo rapporto era realmente

>sconvolgente perché eliminava considerava tutti come degni di diventare

>figli di Dio anche gli handicappati, i ciechi, i zoppi che non potevano

>entrare nel tempio, erano esclusi, c’è l’episodio di cui parla Matteo 19

>che Gesù entra nel tempio con gli zoppi, gli storpi forse proprio un gesto

>provocatorio o profetico da parte di Gesù, come quello di cacciare i

>venditori, ma certamente io credo ha una portata di questo tipo,

>sconvolgeva Gesù con le sue xxx tanto più che gli chiedevano perché fai

>questo? Con quale autorità fai questo?

>Domanda di Raniero La Valle: gli schiavi potevano entrare?

>Continua Molari: non c’erano gli schiavi per gli ebrei, se erano ebrei

>potevano entrare anche se erano in uno stato di servitù, di schiavitù cioè

>che erano stati venduti ad un altro, potevano entrare, erano ebrei ma

>questo dell’handicap dell’imperfezione, perché era segno del peccato, per

>cui erano impuri, Gesù sconvolge completamente questa prospettiva, Gesù non

>seguiva la legge di purità, mentre Giovanni Battista seguiva la legge di

>purità, il suo maestro, Giovanni Battista non si sarebbe mai fatto toccare

>da una prostituta, Gesù non aveva nessun problema, Giovanni Battista non

>sarebbe mai entrato in casa dei Zaccheo per esempio o dei pubblicani, non

>si sarebbe messo a mangiare con loro, Gesù lo ha fatto, in questo senso è

>stato realmente un iniziativa sconvolgente in quella struttura ma quello

>che io credo importante per capire questa dedizione totale per cui è morto

>dalla morte degli schiavi ed ha dedicato la sua vita interamente, senza

>poter disporre della sua vita come appunto uno schiavo è stato che ha

>deciso di continuare fedelmente quel cammino anche quando ha preso

>coscienza che lo avrebbe condotto a morte, cioè ha dedicato proprio la sua

>vita in questo senso, ha mostrato di non essere padrone della sua vita nel

>senso che l’ha messa a disposizione degli altri perché si realizzasse il

>progetto di Dio, poi il progetto si sarebbe realizzato forse era chiaro

>già, Gesù si fidava di Dio, si abbandonava senza riserve a lui e in questo

>è l’atteggiamento di dedizione piena del servo, ma qui Gesù credo più si

>riferiva alla tradizione profetica del servo più che alla condizione

>servile che nel mondo romano, nel mondo pagano, dedicarsi interamente non

>disporre della propria decisione della propria volontà ma consegnarsi

>interamente, non quello che voglio io ma quello che vuoi tu, la formula che

>utilizza nei Sinottici per indicare questa dedizione totale quindi io credo

>che l’atteggiamento che il termine servo riferito a Gesù vuole

>sottolineare è proprio questa dedizione a Dio in favore dei fratelli ma la

>radice è proprio la dedizione a Dio e per cui dedica tutta la propria vita

>al punto anche di continuare il cammino quando sa che quel cammino lo

>avrebbe condotto a morte, ma ha continuato a sollecitare i capi del popolo

>a prendere una decisione in questo senso; Gesù d’altra parte era un

>artigiano, Giuseppe lo sottolinea nel suo libro, aveva una posizione anche

>di un certo benessere dal punto di vista sociale di una certa posizione

>sociale, per cui io non so se in quella formula da ricco che era si è fatto

>povero non ci sia anche questo aspetto storico cioè delle scelte compiute

>da Gesù perché viveva una situazione di benessere relativo anzi forse anche

>di un certo benessere e ha lasciato tutto al punto di non avere neppure un

>posto dove posare il capo come diceva il figlio dell’uomo non ha e questo

>deve averlo sentito, certo poteva farsi invitare da Zaccheo quando passava

>da Gerico oppure dagli altri ma era sempre un umiliazione da una parte, era

>sempre dipendente e poi molte volte non trovava nessuno che gli poteva

>offrire da dormire e da mangiare per cui si fermava per la strada cioè

>queste scelte di Gesù di non avere nulla a disposizione io credo che

>dovremmo sottolinearlo perché è una scelta che lui ha vissuto personalmente

>non è una cosa che viene dal cielo, è una avventura umana con tutti i

>limiti, le insufficienze di un uomo che fa una scelta per dedicarsi

>interamente a Dio. Ecco io credo che questo aspetto dovrebbe essere più

>sottolineato, in fondo si è messo a disposizione per realizzare un progetto

>salvifico ma così come lui lo aveva percepito nella preghiera nella

>riflessione e il richiamarsi al Verbo Eterno è solo una modalità per

>sottolineare la fedeltà di Gesù all’azione di Dio in lui o alla parola di

>Dio che in lui prendeva carne, ma il cammino lo ha compiuto Gesù nella sua

>umanità certo sempre aprendosi nella preghiera, accogliendo l’azione di

>Dio, giungendo fino a dire ma è Giovanni che interpreta appunto

>l’esperienza di Gesù, io non faccio nulla per me stesso il Padre compie in

>me le sue opere, questo era un modo per tradurre quella esperienza profonda

>che Gesù ha fatto di dedizione totale, diventato servo pienamente, schiavo

>di Dio ma per raggiungere appunto quella libertà che è proprio del figlio,

>ora tutta questa avventura può essere anche tradotta in chiave

>trascendente, come fa l’Inno Cristologico cioè attribuendo a Dio che ha

>scelto di diventare, parlando potremmo dire, Dio ha scelto la condizione

>servile per poter indicare la vita dell’uomo, ma questa è una metafora non

>è la descrizione in termini propri ma in termini di relazione e quindi in

>termini traslati.

>Raniero La Valle: il prologo di Giovanni è metafora.

>Carlo Molari: Il prologo di Giovanni cosa fa? Il prologo di Giovanni

>descrive la storia della salvezza in chiave dell’azione di Dio accolta o

>rifiutata, perché la parola eterna che diventa forza creatrice, che diventa

>luce, che diventa parola per gli uomini, dà indicazioni ma che non sempre

>viene accolta gli uomini la rifiutano però non riescono a sopraffarla

>almeno forze la prima forma, e poi come si esprime, costituendo un popolo,

>suscitando figli di Dio; perché i figli di Dio sono prima di Gesù ancora,

>il versetto 12-13 a quanti però lo hanno accolto, perché venne fra la sua

>gente i suoi non lo hanno accolto, a quanti però lo hanno accolto ha dato

>il potere di diventare figli di Dio, a quelli che credono nel suo nome i

>quali non da sangue, non da volere di carne, non da volere di uomo ma da

>Dio sono stati generati, poi si fece carne, poi giunse attraverso questa

>fedeltà a dei figli, giunse ad esprimersi in una umanità perfetta, compiuta

>che è Gesù, allora in lui allora il progetto di Dio si estende e diventa

>possibilità per cui grazie a lui abbiamo ricevuto grazia su grazia e in

>lui abbiamo conosciuto Dio, e ricordiamo che già il Libro della Sapienza

>scritto 50 – 80 anni prima di Gesù, i giusti vengono chiamati figli di Dio

>tanto che gli Empi dicono tendiamo insidie al Giusto, ci rimproveri le

>trasgressioni, proclama di possedere la conoscenza di Dio si dichiara

>figlio di Dio e poi dice proclama beata la fede dei giusti si vanta di aver

>Dio per Padre vediamo se le sue parole sono vere, proviamo a ciò cosa gli

>accadrà alla fine se il Giusto è il figlio di Dio egli lo assisterà, questo

>il Libro della Sapienza parlava del Giusto, dei giusti che erano nelle

>strade degli uomini, che camminavano ed erano considerati appunto generati

>da Dio, così dice Giovanni, generati da Dio, Paolo preferisce la metafora

>dell’adozione, Giovanni usa la metafora della generazione, anche nella

>prima lettera “chi ama conosce Dio ed è generato da Dio” quindi in questo

>senso sono metafore, certo che sono metafore ma sono metafore che aprono ad

>un mistero grande che è quello del nostro rapporto con Dio quindi in questo

>senso dicevo la scelta di Gesù di essere schiavo può essere anche

>attribuita all’azione di Dio perché in questo senso può essere attribuita a

>Dio nel senso che quando è riuscito ad esprimersi compiutamente in una

>carne umana, per usare un espressione di Giovanni, ha suscitato questo

>atteggiamento profondo di dedizione che è proprio dello schiavo. Questo

>vuol dire che l’azione creatrice, l’azione di Dio che salva quando giunge a

>formulazione perfetta equipara tutti non pone più distinzione, impone gli

>esclusi, perdona i peccatori cioè stravolge completamente quelle divisioni

>che gli uomini hanno creato nella storia, questo io credo ci deve

>attribuire a Dio perché Gesù diventa in questo senso icona di Dio, cioè

>l’ambito in cui l’azione di Dio ha raggiunto un espressione umana compiuta

>quasi potremmo dire, ha mostrato un paradigma di umanità come Dio la pensa,

>che non è un unico modello, perché dopo sono tanti nella storia si

>svilupperà, però come paradigma del pensiero di Dio sull’uomo io credo

>questo lo si può dire, la forma di schiavo che diventa per questo figlio e

>raggiunge la libertà piena proprio attraverso questo riconoscimento della

>dipendenza totale da Dio e quindi nel mettere a disposizione la propria

>vita per i fratelli, questo conduce a quella ricchezza umana che è appunto

>riassunta nel termine Figlio. Non so se questo è sufficientemente chiaro.

>Potremmo interrogarci ..

>Domanda dal pubblico: Gesù quando ha acquisito la consapevolezza di essere

>il figlio di Dio?

>Carlo Molari: di essere figlio di Dio, così come oggi noi lo intendiamo è

>nella resurrezione, perché è lì che lo è diventato, quindi la

>consapevolezza l’acquisisce man mano che raggiunge la perfezione, se

>intendi invece figlio di Dio nel senso di Giusto, come dicevano nel Libro

>della Sapienza che forse Gesù non conosceva il Libro della Sapienza ma era

>una terminologia comune allora certo che ha acquisito già prima questa

>consapevolezza nel rapporto profondo con Dio al punto di chiamarsi figli,

>però dobbiamo ricordare una cosa che Gesù sottolineava fortemente la

>distanza, per cui non voleva neppure essere chiamato buono e in questo

>senso occorre bene utilizzare i termini perché quel rifiuto di Gesù di

>essere chiamato buono, ricordi quando il giovane, il notabile si presenta a

>Gesù gli dice Maestro buono cosa devo fare per avere la vita eterna, (Marco

>9) e Gesù dice prima di rispondere perché mi chiami buono, io non sono

>buono, cioè nessuno è buono, Dio è buono e questa è la sensibilità

>dell’uomo spirituale però ugualmente in questa prospettiva poteva essere

>chiamato figlio e lui stesso si vede in questa consapevolezza ma d’altra

>parte era la terminologia ebraica quando chiamavano Abinu, Dio, Padre

>Nostro, xxx ha utilizzato questa forma nella preghiera che ha insegnato

>agli apostoli quindi questo non fa difficoltà della terminologia, sarebbe

>invece posta male la domanda se dicessi quando ha preso coscienza di essere

>Dio, perché non ha mai preso coscienza di essere Dio nella sua realtà

>umana e la coscienza che Gesù vive è la coscienza umana non è un’altra la

>coscienza umana è sì la coscienza umana che è nei limiti della realtà

>umana, questo non ci sono dubbi, è stato successiva che poi si è

>quell’errore che è stato condannato a Calcedonia appunto cioè il

>monofisismo che ha fatto una grande confusione attribuendo alla realtà

>umana caratteristiche divine, ma è stato condannato, Eutiche è stato

>condannato proprio per questo perché fondeva tutto allora Calcedonia ha

>dovuto insistere su questo cioè le due realtà l’azione di Dio, la realtà

>divina che soggiace, che alimenta che Gesù accoglie continuamente crescendo

>come uomo in sapienza e grazia davanti a Dio e appunto agli uomini, questa

>la realtà divina è distinta dalla realtà umana, distinta senza mutazione

>dice il Concilio di Calcedonia e senza confusione, occorre mantenere questa

>distinzione se no realmente cadiamo nell’errore appunto condannato a

>Calcedonia del monofisismo cioè della confusione tra realtà umana e realtà

>divina. Gesù come creatura era infinitamente distante da Dio, come creatura

>nel senso che aveva qualità create ma Dio è talmente immanente alla

>creatura da essere, come diceva Agostino, più intimo dalla sua intimità,

>cioè al più profondo era la realtà divina che si esprimeva in Gesù, come

>anche in noi quando accogliamo, quando non poniamo resistenze o poniamo

>impedimenti; questo è chiaro, questo è classico non cìè niente di nuovo in

>questo che dico.

>Domanda dal pubblico: Io xxx perché ho avuto altre persone che mi hanno

>insegnato questo testo e xxx però non è una cosa xxx io credo che nella

>maggior parte delle persone anche credenti non è così.

>Carlo Molari: cioè queste forme non vengono utilizzate, in questo ha

>ragione, perché la nostra cultura, soprattutto nostra, occidentale è stata

>contagiata da quella che Ranner chiamava il cripto monofisismo, cioè un

>efesia nascosta che si è diffusa così, ma questo non ci deve neppure

>scandalizzare l’importante è che utilizzando i termini esatti possiamo

>vivere il rapporto con Dio tenendo fisso uno sguardo su Gesù in modo

>autentico, profondo, è questo che è importante.

> Allora io non so se possiamo interrogarci, forse è già troppo tardi, ci

>potremmo chiedere perché mai questa rivoluzione di Gesù, questo cambiamento

>profondo per cui è morto, perché Gesù lo hanno ucciso per questo motivo,

>perché con queste innovazioni, con questa volontà di equiparare tutti, di

>rendere tutti fratelli, ha provocato la sua condanna, ed è rimasto fedele

>quando ha preso coscienza di questo perché riteneva così necessario il

>cambiamento, in questo senso si è dedicato completamente, ha dato la vita e

>si è reso schiavo anche dei fratelli per liberarli dalla loro condizione,

>credo che questo sia più importante che il richiamo al Verbo Eterno che

>rinuncia, perché il Verbo Eterno non rinuncia ad essere Dio e quindi è solo

>l’espressione che l’azione di Dio acquista in Gesù in questo senso quindi

>la metafora ha un significato e un valore. Potremmo anche dire così che

>quando Dio riesce ad esprimersi in modo compiuto suscita fraternità e rompe

>tutte le divisioni, questo lo si può dire, cioè libera le condizioni di

>dipendenza e di schiavitù, in fondo era la grande intuizione e lo è tuttora

>della teologia della liberazione, quindi il discorso può essere portato

>avanti in questa direzione. L’interrogativo su cui volevo fermarmi, ma

>vedo che non c’è più tempo, era come mai questa profonda intuizione di Gesù

>e rinnovamento non è stato poi portato avanti dai cristiani? Cioè siamo

>ancora molto indietro rispetto questa azione. Gesù ci è morto, Dio lo ha

>glorificato per questo ed è iniziata una fase nuova della storia

>della salvezza, ma questa storia della salvezza condotta avanti da noi

>poveri uomini ha ripreso ancora tutte le dipendenze, tutte le schiavitù, le

>strutture vincolanti precedenti per cui quasi quasi in certi momenti

>verrebbe da dire che sembra che sia morto inutilmente, non è così, perché

>realmente poi il cammino c’è, però potremmo interrogarci su come mai siamo

>così in ritardo rispetto alle proposte di Gesù e all’esigenza della storia

>oggi, perché questo che è più sconvolgente, perché oggi l’umanità è in una

>situazione che richiede una qualità spirituale che è quella che corrisponde

>precisamente a quella che Gesù proponeva, per cui ci troviamo noi in

>ritardo rispetto al cammino che l’umanità sta facendo e soprattutto negli

>ultimi secoli, allora qui, accenno solo perché sarebbe troppo lungo, io

>credo che sono intervenute tante componenti anche di tipo culturale e

>spirituale, per esempio iniziale la prospettiva apocalittica delle prime

>comunità, l’attesa immediata del ritorno di Gesù per cui si diceva va bene

>adesso deve tornare appena torna cominciamo, il problema è che non tornava

>mai, il discorso che Pietro fà nel Cap. 3 degli Atti dice “allora

>convertitevi perché adesso sta per tornare glorioso” e allora adesso dovete

>accoglierlo come Messia altrimenti verrete condannati, accoglietelo ora

>come Messia perché adesso sta per tornare. Ora questo discorso, che poi si

>è prolungato tanto che Pietro deve dire ma mille anni sono come un giorno,

>un giorno come mille anni per cui se ritarda è proprio per darvi la

>possibilità di convertirvi, non dovete scandalizzarvi di questo fatto, vuol

>dire che era qualcosa che interrogava; ma poi anche dopo la prospettiva del

>regno è diventata sempre una prospettiva del dopo morte, a parte il fatto

>che nella storia della Chiesa l’importanza della predicazione del regno è

>stata trascurata, cioè l’importanza che ha avuto per Gesù questo annuncio

>delle beatitudini, della fraternità, della necessità a Dio è stato

>trascurato, appunto forse anche per questo motivi di cui sto parlando e poi

>finalmente quando ci si è accorti che era un qualcosa che riguardava il

>presente e non solo il futuro si è cominciato a parlare del xxx non ancora,

>però poi si identificava il regno di Dio con la Chiesa per cui si diceva la

>Chiesa c’è e la Chiesa è il regno nel tempo allora, mentre finalmente poi

>anche nell’ambito cattolico si è giunti a dire che la Chiesa è serva del

>Regno, questa formula almeno nei documenti del Magistero Romano è recente,

>nel ’90, nell’Enciclica xxx di Giovanni Paolo II, si dice che la Chiesa è

>serva del Regno, che il Regno ha anche degli spazi più ampi della Chiesa e

>la Chiesa è al servizio del Regno. Ma ancora nel Concilio non c’è questa

>idea, ancora c’è una certa tendenza ad identificare, i documenti precedenti

>erano chiarissimi, anche i documenti preparati per il Concilio dai teologi

>del Santo Ufficio identificavano la Chiesa con il Regno di Dio e il corpo

>mistico di Dio era un tuttuno, e per la Chiesa Cattolica poi, lì il

>Concilio ha fatto un piccolo sbalzo dicendo che la Chiesa di Cristo

>sussiste nella Chiesa cattolica ma poi ammettendo anche, però non ha fatto

>poi il passo ulteriore rompendo questa identificazione assoluta che

>conduceva a non capire l’impegno che invece ci è chiesto di essere a

>servizio del Regno, schiavi di Dio perché il suo Regno venga sulla terra,

>io credo che questo sia più decisivo in ordine a una riflessione che

>possiamo portare avanti su che cosa oggi ci chiede da noi, essere a

>disposizione di Dio, come Gesù lo è stato per diventare figli, testimoni

>del suo nome nel mondo, quindi come strumento per realizzare il Regno di

>Dio in mezzo a noi, la giustizia, la pace, una nuova formula di umanità.

>Non so se ho detto troppe cose e ho confuso le idee.

>Raniero La Valle:

> Io credo che la domanda di Mirella andava un po’ xx perché mi pare che

>da un lato c’è questo discorso dell’economia diciamo così, l’economia

>divina che si manifesta in Gesù, Gesù che manifesta queste attitudini di

>servizio, di amore etc e che solo alla fine si riconosce figlio di Dio, che

>lo diventa e quindi si dovrebbe dire solo alla fine diventa anche doulus,

>solo alla fine diventa doulus, alla morte. Questa è una prospettiva

>bellissima, fecondissima, straordinariamente importante dal punto di vista

>della vita spirituale, della vita ascetica etc, però c’è anche un altro

>problema, non so se era questo a cui alludeva Mirella, ed è il problema,

>può darsi che oggi non sia più tanto attuale ma che ha affaticato tutte le

>generazioni cristiane che è il problema dell’identità di Gesù, di Gesù

>Cristo cioè del Verbo incarnato, che è il problema che lo stesso Gesù

>inaugura quando dice “voi chi dite che io sia” e su cui poi si sono

>affaticati i Concili, le eresie cristologiche etc etc, ed è il problema del

>chi è di Gesù, allora se c’è un interesse, diciamo così, di estrapolare

>questa categoria del servo, del doulus, in modo un po’ diverso in cui è

>stato fatto finora, è nella misura in cui questa categoria del doulus, del

>servo entra non tanto nell’etica, nel servizio, nella vita dedicata da

>Gesù, ma entra nella definizione dell’identità, cioè perché ad un certo

>punto le prime generazioni cristiane, attraverso Paolo ma non solamente, si

>sente il bisogno di dire che questo ingresso nell’umanità, da parte del

>Verbo, da parte di questo Dio che si mescola con la storia umana, questo

>ingresso non avviene dalla porta di colui che è uomo che poteva essere

>considerato più omogeneo con questa iniziativa, perché era già Signore, era

>già Re aveva già la contemplazione, ma entra dalla porta d’ingresso del

>servo, cioè di colui che a tutto il pubblico greco che leggeva il greco di

>Paolo richiamava immediatamente non l’uomo che si dedica al servizio ma

>richiamava immediatamente la figura dello schiavo, l’uomo degli altri,

>l’uomo che aveva in esclusiva il compito del lavoro e quindi una precisa

>figura sociale, allora è qui la domanda se questo farsi doulus del Verbo ha

>una valenza che poi può naturalmente essere ripensata in termini attuali

>perché anche adesso noi abbiamo i doulus, abbiamo i servi, abbiamo gli

>esclusi, abbiamo gli uomini degli altri, gli uomini che non sono

>riconosciuti, e la storia è stata piena di questo, perché anche gli

>indigeni, i neri, sono stati considerati non uomini, servi etc. etc..;

>questa insomma è la questione, per dire in altro modo questo essere servo

>di questo uomo (fine prima cassetta)………….

>…. identitario questa è la domanda.

>Interviene qualcuno dal pubblico (non si capisce) parlando di miracoli.

>Risponde Carlo Molari:

>Come uomo ha fatto i miracoli, come quando anche noi li facciamo, io non li

>ho fatti, ma voglio dire sempre come uomini, anche Gesù come uomo faceva i

>miracoli, talmente si apriva all’azione di Dio da sapere esprimere la

>potenza della vita.

>(Voce: scusi e quando rimetteva i peccati), Rimetteva i peccati per quello,

>quello che lui dice il figlio dell’uomo ha il potere di rimettere i

>peccati, sì perché rimettere i peccati cosa vuol dire, rivelare l’amore di

>Dio che diventa nella creatura capacità di donare vita perché uno esca dal

>suo male.

>(Voce: chi conosce me conosce il padre) Sì, non l’identità perché il Padre

>è più grande di me, come identità storica cioè Gesù in questo senso viene

>chiamato icona di Dio cioè ciò che noi possiamo conoscere di Dio è la carne

>umana, è nella carne umana che noi possiamo conoscere Dio, Dio nessuno lo

>ha mai visto dice Giovanni, il figlio, lui ce ne ha fatto l’esegesi, ce lo

>ha rivelato, ce lo ha manifestato, cioè dobbiamo sottolineare questo

>rapporto profondo di Gesù con Dio proprio intimo profondo perché mantenendo

>la distinzione tra realtà umana che chiamiamo Gesù e realtà divina che

>chiamiamo Verbo Eterno, l’azione del Padre o la forza dello Spirito perché

>si intrecciano continuamente in Gesù, l’azione di Dio Padre, la forza della

>sua parola, l’energia dello Spirito condotto dallo Spirito nel deserto dice

>continuamente, perché in Gesù noi coniughiamo il rapporto con Dio in modo

>trinitario proprio per questo. Ma c’era Mirella mi pare.

>Intervento Giovanni Franzoni:

>Vorrei richiamare alla memoria un libro di Fromm, ormai ha trenta quaranta

>anni, dell’Editore L’Astrolabio, “Siete come Dio”, l’importante è quel come

>naturalmente, questo è chiaro fa riferimento Fromm, al testo di Giovanni in

>cui Gesù difendendosi dall’accusa fatta dai giudei di certi fatti e lui

>risponde “non avete letto il salmo, siete tutti eloim”, il titolo traduce

>dei, a dire la verità, ma siccome lo dicono al plurale però si può anche

>tradurre semplicemente con il singolare e su questo poi il pensiero

>cristiano preso da questa preoccupazione fondamentale che si è espressa poi

>nei concili e così via ha un po’ dimenticato, questa sera è stato detto,

>tutti i giusti ma non potrebbero essere figli di Dio o saranno figli di

>Dio, sono Dio. Soltanto che il salmo inveisce contro gli eloim, cioè contro

>tutti coloro che sono Dio ma non prestano il loro servizio, io voglio

>essere breve, perché essendo brevi si consente agli altri o di cambiare

>discorso o di proseguire questo discorso. Cosa vuol dire quindi: perché

>Gesù ebbe la consapevolezza di essere, Paolo ebbe la consapevolezza che

>Gesù è un eloim, è un nato con l’immagine, con l’impronta divina che è

>stato eloim, è il servizio è essenzialmente per fare le opere del Padre,

>poi voi farete le stesse anche maggiori opere che ho fatto io, quindi

>questo è fondamentalmente è la vocazione del portare questa immagine di Dio

>nei confronti per esempio delle mitologie assiro-babilonesi l’uomo è nato

>per il lavoro manuale mentre gli dei non lo sono quindi, se vi ricordate

>Iddio Elchi vive in una fase di torpore, ozio, ubriachezza degli dei in

>assenza di mancanza di cibo, Iddio Elchi crea con uno stampino xxxx agli

>uomini per onorare, e qui va alla ricerca della pianta del fiore

>dell’immortalità, xxx la stessa lo ammonisce dicendo non sai che gli uomini

>sono nati per morire e per lavorare e per morire che vai cercando, invece

>nella narrazione biblica Dio opera per sei giorni quindi non c’è,

>l’attività del lavoro è tutta ebraica, l’attività dell’operare quindi anche

>Paolo deve alla sua origine ebraica e farisaica questa sensazione che sia

>certamente anche altri apostoli erano ebrei, c’era chi era ebreo più di

>altri ebrei e lui pur difendendo la libertà che aveva discepolo di Gesù è

>fiero di mantenere se stesso con il lavoro delle sue mani, non c’è nessuna

>vergogna, i farisei erano tutti lavoratori, i discepoli di Gesù erano tutti

>lavoratori quindi questo, vorrei concludere con la parola della regola

>monasteriola attribuita a San Benedetto Da Norcia che dice tu xxxxxxx

>allora sono veramente monaci quando vivono con il frutto delle loro mani,

>Sicut Pater Noster et Apostoli, Padre Nostri allude alla regola di Basilio

>che è molto importante per Benedetto perché Basilio riscatta il lavoro da

>una funzione per così dire penitenziale si lavora per espiare la colpa di

>esserci della regola di Pacomio, xxx delle regole egiziane, xx e così via

>mentre invece per Basilio il lavoro diventa una partecipazione alla

>creazione e quindi Pater Noster sicuramente Benedetto allude a Basilio, et

>Apostoli allude a Paolo e questa è la comunità essenziale del monaco da cui

>poi è nato quel falso slogan ora et labora che non è di Benedetto ma

>comunque classico del monachesimo di questo filone. Ma io credo che se non

>rileggiamo tutto Gesù come ebreo, Paolo come ebreo e come fariseo, il servo

>chi è? Perché il primo che ha fatto il grande servizio della creazione è lo

>stesso, è Dio, l’altissimo, è lui il doulus il servo di tutti gli esseri

>viventi che dalle viscere della misericordia ha prodotto tutto il pensiero

>ebraico lo dice perfino xxx tutti gli esseri viventi vanno in questa

>direzione che Fromm indica, arricchisce in moltissimi testi del Talmud,

>siamo tutti nati proprio per creazione non per vocazione, siamo tutti nati

>con l’impronta di Dio sta essere eloim come appunto è la nostra vocazione o

>essere eloim come dice il salmo per traditori della nostra chiamata ad

>essere uomini sulla terra.

>Carlo Molari:

>Io volevo solo aggiungere una cosetta a proposito, è appunto questo che io

>penso che sia il modello importante, cioè non pensare ad un essere divino

>che scende ma quando l’azione divina giunge ad esprimersi in una forma di

>umanità autentica ha l’atteggiamento di schiavo, di disponibilità totale

>della propria vita, per gli altri perché dipende totalmente da Dio, questo

>si può dire e credo che sia questo sia non tanto per il tema, mi pare

>adesso questo, del lavoro perché per il mondo ebraico non era tanto questo

>la caratteristica in fondo Gesù per dedicarsi interamente al Regno ha

>lasciato il suo lavoro di per sé, anzi si è impoverito totalmente nel senso

>che non disponeva neppure più dei suoi beni, della sua casa, ma è proprio

>il dedicarsi totalmente, il non disporre più della propria vita e il

>metterla a disposizione degli altri, credo che questo sia più un aspetto

>forse più positivo e rilevante. Credo, io però posso sbagliare.

>Raniero La Valle:

>Sì ma il non disporre della propria vita può essere un atto volontario,

>cioè di mettere la propria vita a disposizione, però c’è una situazione di

>fatto, oggettiva per cui non si dispone della propria vita perché la tua

>vita ti è tolta perché è messa in mano agli altri; c’è una cosa e l’altra

>ma quest’altra va assunta xxx insomma perché allora bisogna capire cosa

>vuol dire il fatto che Gesù Cristo prende la morphè del doulus cioè non

>l’atteggiamento, cioè non assume la dedizione ma assume la condizione, cioè

>la condizione in cui erano i milioni di persone della società di allora e

>sono miliardi di persone oggi che è la condizione di coloro che non

>dispongono di se stessi, sono alienati da se stessi, sono uomini di altri,

>allora questo ha un senso, ha un posto dentro il discorso generale della

>salvezza etc oppure è un fatto marginale, finora nella riflessione

>cristiana non c’è stata questa cosa. La domanda è: può avere un rilievo

>diverso da quello che ha avuto finora o no?

>Carlo Molari:

>Certo che lo può avere nel senso di liberazione, nel senso che ha assunto

>questa condizione per trarre fuori questi schiavi dalla loro condizione,

>Giuseppe Barbaglio:

>

>Per quanto riguarda Gesù io credo che il problema è l’atteggiamento che

>abbiamo, cioè la cristologia di Paolo è una cristologia che guarda al

>futuro di Gesù non al passato di Gesù, allora Gesù è diventato il figlio di

>Dio ed è diventato il Signore, non lo era prima, allora è inutile che noi

>ci domandiamo lui era Dio?, Come ha fatto? No, lui era un uomo. Lui è

>diventato nella resurrezione il figlio trascendente di Dio, chiamiamolo

>così, il Signore. Allora questa è la concezione che ha Paolo, non dico che

>ha Giovanni, perché per Paolo Gesù non ha nessuna apparenza divina,

>nessuna, non è come per Giovanni che Gesù è un Dio che cammina sulla terra,

>per Giovanni è così è un Dio che cammina sulla terra, io e il Padre siamo

>una sola cosa ma neppure in Marco dove Gesù fa i miracoli, in Paolo Gesù è

>questo uomo a tutti gli effetti che diventa nella resurrezione il figlio di

>Dio. (Inno ai Colossesi) L’Inno dei Colossesi è della scuola, più si va

>avanti .. Per esempio questo dice che Paolo non ha mai detto che Gesù è

>Dio, non lo ha mai detto, lo dirà Giovanni più tardi, questo vuol dire che

>ci sono diverse cristologie però a me sembra che la cristologia di Paolo è

>quella più incarnazionistica cioè quella della carne di Gesù, nell’umanità

>di Gesù che diventa e non era, è e poi diventa, era ed è diventata. Non so

>se rendo l’idea, quanto poi al problema di Raniero cioè noi abbiamo in

>Paolo è stato anche accusato di avere avuto un intuizione straordinaria

>diciamo ecco c’è un unico Signore e quindi tutti i signori della terra

>vengono aboliti ed è stato accusato di non essere stato conseguente sul

>piano poi sociale etc e difatti anche la famosa lettera a Filemone con lo

>schiavo Onesimo alcuni l’hanno letta come tu ritorni e resti schiavo, ma io

>direi che la soluzione non è questa ma comunque si può discutere; questo è

>anche vero almeno fino a un certo punto, è vero che Paolo non ha tratto le

>conseguenze dei suoi principi come dire non c’è più giudeo, né greco, né

>schiavo, né libero, uomo e donna etc però la cosa interessante è questa

>cioè noi commetteremmo un errore madornale se pensassimo che Paolo

>restringe questa sua percezione così radicale alla esistenza del singolo,

>difatti è sempre stato interpretato così mentre Paolo ha una concezione

>così detta apocalittica, cioè Gesù è il Signore del mondo, non lo è ancora

>totalmente questo perché (1° Corinti) l’ultimo nemico ad essere vinto sarà

>la morte e quando lui avrà vinto anche la morte, la nostra morte perché la

>sua la già vinta ma la nostra non ancora, Dio sarà tutto e gli consegnerà

>il Regno; questo è importante cioè questa signoria iniziale di Gesù nella

>resurrezione è una signoria cosmica, è una signoria che riguarda l’umanità

>e in questo modo noi diremmo che riguarda anche poi come dici tu il lavoro,

>non so se rendo l’idea. Cioè Paolo è sempre stato considerato da chè noi

>siamo schiavi solo di Cristo, l’esistenza, diciamo una concezione

>esistenziale, una libertà radicale esistenziale individualistica, questo

>per esempio è l’interpretazione di Boltman, invece gli ultimi studi da

>questo punto di vista hanno imboccato una strada molto diversa a partire da

>xxxxx Paolo, il problema suo non è la piccola esistenza di ciascuno di noi,

>il problema suo è il mondo, chi è il Signore di questo mondo, chi è il

>padrone di questo mondo, lui dice nella confessione di fede noi

>riconosciamo che Gesù ha cominciato, benché Paolo aveva ben chiari i limiti

>di questa, ha cominciato ad essere il Signore di questo mondo e lo sarà

>quando l’ultimo nemico, dopo aver tanti nemici, l’ultimo nemico sarà la

>morte, e la morte fisica e cioè come dire questa teologia di Paolo morde la

>corporeità, morde la società, morde il mondo, non so se rendo l’idea e non

>solo l’esistenza del singolo, questo è il punto.

>

>

>Interviene Mirella:

>

>

>Volevo che emergesse in modo chiaro che è dal momento della resurrezione

>che tutto questo accade, perché era questo che dicevo che non è tutto così

>scontato, era soltanto puntualizzare per far chiarire questo. Grazie

>

>

>Interviene xxx

>

> La mia domanda è molto semplice, cioè di fronte a tante parole non so con

>che coraggio mi inserisco, ma mi è venuto un dubbio ed è la figura di

>Maria, Maria sapeva, sapeva che Dio, che Cristo aveva questo destino di

>rappresentare gli ultimi poveri, perché Maria gli chiede il miracolo al

>figlio, quindi sapeva che il figlio poteva fare il miracolo, quando a Cana

>gli dice, cioè mi è venuto il dubbio sulla figura di Maria se fin

>dall’inizio sapeva, sin dall’annunciazione, se ha capito dopo, insomma la

>sua posizione rispetto alla divinità del figlio. Grazie.

>Risponde Giuseppe Barbaglio:

>Ma noi diciamo da secoli di mariologia esasperata come si dice insomma, il

>Concilio ha cominciato ad attenuare i toni ma io cito solo un testo del

>Vangelo di Luca, molto bello, perché per Luca Maria è l’icona, ecco per

>usare questa bella espressione, è l’icona di colui che ascolta la parola di

>Dio e la medita, c’è quel testo di quella donna che naturalmente era

>entusiasta di Gesù, di come parlava etc, ed è uscita con la beatitudine

>famosa, beato il seme che ti ha partorito e le mammelle che ti hanno

>allattato e Gesù reagisce beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di

>Dio allora Maria è una grande figura, non nella sua realtà storica, è una

>grande metafora dell’ascolto e della meditazione della parola di Dio,

>questo è appunto importante poi nella storia, c’era un grande mariologo

>famoso mi pare non so, il quale si faceva forte del famoso detto di Maria

>nunquam sapis di Maria non possiamo dire mai tutto quello che è un

>principio teologico che è abbastanza scorretto come si dice perché non

>usciamo da questa concezione lo ripeto ancora una volta Gesù era questo

>uomo, era questo uomo che ha avuto una posizione importante nel disegno di

>Dio nelle sue scelte e il lui è diventato non lo era prima kirios questo è

>importante e quindi non bisogna dire ma lui era il figlio di Dio quindi

>adesso fa dei miracoli etc. certo c’è anche questa concezione in Marco, in

>Giovanni non voglio dire però mi sembra che il più saggio in questo è Paolo

>il quale dice noi dobbiamo prendere seriamente in considerazione l’umanità

>profonda la kenosi dice lo svuotamento lui è vuoto dello splendore divino

>non ha nessuno splendore divino Gesù, ecco e lo splendore gli è stato

>donato nella resurrezione, lo ha glorificato, lo ha rivestito di luce lui

>era svuotato e questo ecco e invece che voltarci indietro sulla preistoria

>di Gesù cogliamo la storia di Gesù che ha il suo punto importante nella

>resurrezione che Dio lo ha resuscitato e lo ha fatto Signore

>(voce dal pubblico) Barbaglio: allora noi non possiamo dire, c’è una

>lettura fondamentalista della Bibbia che dice ecco qua sta scritto così

>allora i testi sono testi antichi questi sono testi che hanno una storia

>come dire noi crediamo che la cosa importante in questi testi sia un

>eventuale spessore cronistico non ce l’hanno il fatto che non ce l’abbiano

>cronistico dipende dal fatto che di Gesù non ci dicono in che anno è nato

>in che anno è morto e compagnia bella il che vuol dire che non hanno queste

>preoccupazioni ne hanno altre allora è sulle altre che noi dobbiamo

>puntare, non so se rendo l’idea e questo racconto così bello

>dell’annunciazione di Maria che è una composizione di Luca che è fatta poi

>su schemi delle annunciazione vetero testamentarie così straordinario, così

>bello, cosi edificante come dire una figura di fede come Cristo risorto è

>una figura di fede allora altrimenti noi non ne usciamo più da una

>concezione così detta così mitologica di questo essere divino che viene in

>terra come dire secondo come erano un pò le metamorfosi del mondo pagano

>dove questi esseri divini venivano in terra però nessuno moriva etc. quindi

>le metamorfosi di Ovidio potete leggere Gesù la metamorfosi la ha avuto

>nella resurrezione quella è la metamorfosi di Gesù non prima cioè la

>trasformazione come dice Paolo la trasformazione di Gesù è venuta nella

>resurrezione questo è importante ed è la trasformazione di questo uomo

>allora bisogna leggere questi testi come sono nati perché sono nati quale

>genere letterario avevano etc. e non pensare che questi testi siano una

>cronaca perché se pensare che questi testi siano una cronaca allora non si

>capisce niente perché non avevano queste preoccupazioni cosi dette

>storicistiche, avevano altre preoccupazioni e cioè edificare la fede, far

>maturare la fede, esortare la fiducia cioè avevano preoccupazioni… di

>fede e non di esattezza storica non so se rendo l’idea

>Molari: vorrei aggiungere una cosa a questo proposito cioè in questa

>prospettiva la figura di Maria come quella di Gesù acquistano una portata

>straordinaria perché Gesù come dice Luca cresceva in sapienza, età e

>grazia, chi l’ha educato? Giovanni Paolo II° ha fatto una serie di

>catechesi del mercoledì proprio sulla educazione di Gesù cioè ha imparato a

>leggere le scritture ha imparato ad amare Dio ha imparato a pregare non

>c’erano le scuole allora è stata Maria sono stati Maria e Giuseppe che gli

>hanno insegnato ad amare Dio, a conoscere la tradizione, a leggere le

>scritture, a crescere nella consapevolezza dell’azione presente di Dio, se

>Gesù è giunto ad una fedeltà tale è perché è stato amato in modo

>straordinario, educato a conoscere Dio all’interno della sua propria

>esperienza, in questa luce l’ educazione ricevuta da Giuseppe e da Maria

>prima da Maria nella prima fase questa era la tradizione ebraica poi da

>Giuseppe quando gli ha insegnato il mestiere quando lo a introdotto nel

>piano, quando lo ha educato al punto da poter fare il barmislato 12/13 anni

>quindi a 12 anni quindi ha avuto perciò una importanza straordinaria se noi

>attribuiamo a Gesù tutto che conosceva che sapeva già fin dall’inizio anzi

>facciamo scomparire questa incidenza reale. Una madre è madre non solo

>perché fa nascere ma perché fa crescere come persona, le conduce alla

>maturità e questa funzione Maria e Giuseppe l’hanno esercitato in modo

>molto più ricco dei genitori attuali che oggi ci sono tante altre agenzie

>di educazione, allora c’era solo la famiglia non c’era neppure le scuole

>quindi capite l’importanza che ha avuto Maria e Giuseppe nell’educare Gesù

>a questa fedeltà.

>Barbaglio e soprattutto Giuseppe

>Olimpia: tutto quello che stanno dicendo è opinabile, anche Gesù che chiede

>a tutti i suoi discepoli chi credete che io sia che cosa risponde San

>Pietro tu sei il figlio del Dio vivente allora non crediamo in niente più

>di quello che è scritto nel Vangelo, allora legga il pezzo che gli dice

>Gesù.

>Risponde Molari:Va bene, va bene allora vediamo quella situazione era la

>situazione di crisi, di incertezza Gesù a un certo momento non veniva più

>ha accettato veniva rifiutato allora Gesù ho momenti di preghiera intensa

>perché deve decidere cosa fare in quella situazione deve decidere perché

>prima tutta la gente ci andava a un certo momento di fronte alle sue

>esigenze la gente ha incominciato ad allontanarsi anche dei discepoli,

>Giovanni cap. VI°, alcuni dicono che si riferisce all’esperienza della

>comunità giovannea ma io credo che realmente dice da allora molti dei suoi

>discepoli si tiravano indietro e non andavano più con lui e allora Gesù

>dice ma volete andarvene anche voi ai 12, e allora Pietro dice da chi

>andremo? questa è la situazione allora Gesù si ritira a pregare è infatti

>Gesù quando pone quella domanda era “un giorno mentre Gesù si trovava in un

>luogo appartato a pregare e i discepoli erano con lui pose loro questa

>domanda: ma chi sono io secondo la gente? cioè cosa s’aspetta la da me la

>gente, perché succede questo perché loro se ne vanno, per quale motivo,

>cosa dite voi alcuni dicono che Giovanni Battista altri e voi che cosa

>pensate? E voi cosa dite”. Pietro prendendo la parola rispose il Cristo di

>Dio l’unto, il Messia, egli allora ordinò loro severamente di non riferirlo

>a nessuno, di non dire a nessuno, questo è Luca, Marco lo dice pure che

>quindi disse loro severamente di non dire a nessuno queste cose perché

>dicendo l’Unto di Dio quelli chi sa cosa pensavano e immaginavano loro

>bisognava andare e lo condannavano per questo motivo, Gesù proibisce loro

>di dire queste cose. Quella è una formulazione successiva non è la formula

>usavano altre formule per dire la stessa cosa.

>Risponde Giuseppe Barbaglio: io volevo rispondere noi pensiamo allora non

>si crede più niente allora quando noi leggiamo un testo la domanda che ci

>dobbiamo fare è questa, questo testo che è stato scritto in quel tempo, che

>è stato destinato etc. etc. che è sorto in questo modo con questo

>linguaggio cosa intendeva dire non cosa dice così, cosa intendeva dire ma

>cosa intendeva dire nella sua situazione storica nella sua situazione

>culturale, cioè il problema che il problema è sempre domandarsi che cosa

>intendeva dire quando ha scritto questo, quando ha scritto questo a queste

>persone, che finalità aveva, quale era lo scopo che mirava, se noi

>riusciamo a rispondere a tutte queste domande riusciamo a cogliere che cosa

>intendeva dire non che cosa dice materialmente così nella formula, perché

>questi sono testi scritti 2000 anni fa, scritti in greco non nella nostra

>lingua scritti da uomini che erano giudeo-cristiani cioè con la tradizione

>ebraica, cioè ha altrimenti questi Vangeli sono libri da collocare in un

>ambiente, nascono in un ambiente solo così noi riusciamo a cogliere quello

>che ci vogliono dire e quello che ci vogliono dire che noi possiamo

>accettare nella fede ecc. questo è importante altrimenti.

>Interviene Amelia Il corano si capisce poco della domanda: ……..

>Risponde G.Barbaglio: io non sono molto addentro alla cultura islamica però

>per loro il Corano l’originale Corano sta nel centro e quello che è veduto

>giù sulla terra e una copia fedele allora è questo essere divino è come

>Gesù Cristo il Corano e io ho sentito con piacere per la prima volta un

>islamico che dice se volete capire voi cristiani qualche cosa capire

>qualche cosa d ‘islam voi dovete fare il confronto tra il Corano e Gesù

>Cristo, quello che Gesù Cristo è per voi il Corano è per noi c’è questa

>realtà divina per cui come dire la critica storica per loro è una bestemmia

>invece la Bibbia cristiana, la Bibbia ebraica noi abbiamo avuto la

>consapevolezza che sono libri che sono entrati nella storia che nascono

>dalla terra in ambiente etc. allora l’applicazione di una lettura

>storico-critica è abbastanza normale adesso non all’inizio e invece con

>loro è molto difficile perché questo Corano non è un libro che nasce dalla

>terra sia pure per ispirazione di Dio tutto quello che volete ma è un libro

>calato così proprio materialmente scritto dalla mano di Dio per cui le cose

>sono più complicate.

>Interviene Francesco Serio: volevo provare a fare un esempio che può

>aiutarci a capire un po’ diciamo quello che è stato detto se noi per

>esempio apriamo un giornale sportivo diciamo Totti entra in aria e brucia

>l’avversario oppure nelle cronache ha arrestato dopo di albergo, se questo

>giornale viene fuori tra 2000 anni quando la terra diciamo distrutta, ci

>sono state guerre etc. prendendo il giornale leggeranno Totti bruciava in

>aria l’avversario lo bruciava veramente quindi il lavoro da fare tra 2000

>anni è quello di entrare nella testa dei cronisti di oggi e tentare di

>capire che cosa significa e allora questo studio biblico che si chiama

>esegesi che è nata nell’800 se non mi sbaglio, fa proprio questo cerca di

>calarsi all’epoca di Gesù e capire i testi se no mi ritrovo io con un

>collega che mi ha detto che Gesù era figlio di Dio e camminava sulle acque.

>Che lui lo poteva fare perché era figlio di Dio quindi c’è questo rischio,

>non è una cosa facile una cosa da approfondire da studiare purtroppo i

>mezzi come per l’Islam sono pochissimi Caramore per esempio è un esempio a

>radio tre se noi vediamo lo spazio dedicato a Caramore e lo spazio dedicato

>al cattolicesimo a Rai uno possiamo capire perché queste sembrano che

>vengano fuori due religioni, una più vicina al cristianesimo originario e

>una che invece è andata via via crescendo in questi secoli.

>Interviene Agata Cancelliere: noi dobbiamo andare tutti a scuola però

>volevo dire solo una cosa su i miracoli cioè i miracoli sono stati in

>qualche modo dalla Chiesa da quelli che ce l’hanno insegnato nel catechismo

>la prova che quello era Dio, le scelte di Gesù io non l’ho mai sentite

>molto forti, La cosa più importante per credere che quello era Dio che

>quello faceva i miracoli, se faceva crescere il pane, se resuscitava anche

>quest’altra cosa che Gesù diventa Dio dopo la resurrezione io non la

>capisco, l’ho capita così che dopo la resurrezione lui diventa Dio, no no

>ma qui andiamo tutti barcollando scusate perché noi non siamo educati,

>almeno io, personalmente non sono educata anche per ascoltare la vostra non

>solo dottrina ma la vostra è anche un’altra dottrina completamente rispetto

>a quella che c’hanno dato no scusate volevo dire se mi spiegate almeno a

>che cosa servono i miracoli come mai questo uomo che diventa piano piano

>Dio e no fammi finire però mi dovete spiegare, lo dico a proprio con molta

>umiltà lo so questo magari vale solo per me, solo per qualche altro ma

>quello che voi dite è assolutamente fuori da quello che noi ci abbiamo

>dentro, è vero che noi su tante materie siamo riusciti ad andare avanti su

>qualche cosa però è vero che questa della fede teniamo dure poche cose

>alcune buone e forse tante tante che dobbiamo mandar via quindi abbiamo

>bisogno di un buon insegnamento lo dico proprio nel senso più profondo del

>termine quando mi sentivo parlare tutti e due che tra di voi parlate vi

>ascoltate avete tante ricchezze che noi intravediamo che sentiamo e però io

>vedevo anche lo sgomento scusate che non era soltanto mio ma anche lo

>sgomento che circondava un po’ anche il pubblico cioè le persone che

>ascoltano qui sarebbe bello forse il prossimo anno che noi andiamo da buoni

>maestri o da maestri diversi da quelli che c’hanno insegnato delle cose

>capite cosa voglio dire vorrei quindi a proposito di queste cose che ho

>detto vorrei sapere qualche cosa sui miracoli, che cosa sono i miracoli di

>Gesù.

>Risponde Giuseppe Barbaglio: io non vorrei turbarvi ancora di più ma non so

>se voi leggete i testi in antichità molti facevano i miracoli voglio dire

>non è l’unico Gesù non è l’unico, questo è importante da capire siamo in

>una cultura ecc. lui è l’unico nel collegare i miracoli con il Regno questo

>si è l’unico. Se io scaccio i demoni, che poi erano dei malati psichici,

>questi, se io scaccio i demoni con il dito di Dio, con la potenza di Dio

>allora vuol dire che il regno di Dio è sopraggiunto fino a voi, questa è la

>originalità di Gesù ma nella tradizione Eliseo Elia avevano fatto tanti

>miracoli anche più di lui altri facevano miracoli che c’abbiamo le

>testimonianze di Giuseppe Flavio, sui rabbini che poi erano più o meno di

>quel tempo è cioè quello che io vorrei dire è questo, noi dobbiamo uscire

>come dire da una visione sopra naturalistica di Gesù e cogliere questa

>anima profonda che Gesù è un uomo con queste scelte questo cammino nella

>storia questa sua vicenda etc. che è stato risuscitato da Dio ed è stato

>così non Dio costituito Signore e figlio di Dio cioè è una metamorfosi che

>Gesù ha avuto nella resurrezione la stessa metamorfosi Paolo dice avremo

>noi quando saremo risuscitati da Dio allora invece che guardare come dire

>c’è un presupposto divino di Gesù che lo fa agire più o meno come Dio

>questo è Giovanni, questo è Marco, questa è la concezione mitica ma Paolo

>che è più (Raniero: questo fa parte del canone, della liturgia della

>tradizione ci si prega sopra non è solo Giovanni) Barbaglio: voglio dire

>che è cominciato dopo un cammino che porta appunto a Calcedonia non voglio

>dire questo ora Calcedonia per noi uomini di oggi è assolutamente

>indicibile nelle sue formulazioni. Allora quello che vorrei dire io, per

>carità tutto è possibile anche io posso fare una lettura di Giovanni etc.

>di Marco perché hanno fatto questo che vengono dopo Paolo però cioè a un

>certo punto non per niente gli influssi degli agnostici su Giovanni e

>l’agnosticismo è la negazione della umanità di Gesù ecco noi siamo tutti

>preoccupati del Vangelo di Giuda, il Vangelo di Giuda è un’espressione di

>un cristianesimo gnostico cioè che non accetta che Gesù è un uomo e che

>invece è questo essere divino che è venuto mascherato sulla terra

>mascherato e che Giuda riesce a togliergli la maschera consegnandolo alla

>morte e quindi ritorna questa scintilla divina, allora quella che è

>importante Giovanni non voglio dire che diventa gnostico perché il logos è

>diventato carne però però quello che io vorrei dire e questo noi cioè

>abbiamo una storia, lo ha detto lui, di infiltrazione monofisitica allora

>noi dobbiamo recuperare questo spessore autentico della umanità profonda di

>Gesù e recuperare questo dato di fede che il crocifisso e stato risuscitato

>da Dio ed è diventato spirito vivificante e se noi entriamo dentro questo

>campo magnetico che è lo spirito vivificante siamo coinvolti da queste

>forze in modo dello spirito Gesù è lo spirito vivificante diremmo di Gesù è

>il padrone dello spirito di Dio è diventato allora ecco perché lui è il

>Salvatore ecco perché Paolo dice se Cristo non è risuscitato noi siamo

>ancora nei peccati siamo nei peccati perché non c’è nessuno che ce lo

>toglie non ce lo spirito che ce lo toglie che è lui, questa è la cosa

>importante.

>Riprende C. Molari: solo per aggiungere qualcosa sui miracoli, perché

>realmente esistono i miracoli certo anche oggi esistono i santi che fanno i

>miracoli esistono realmente i miracoli, ma cosa sono i miracoli? è sempre

>una creatura che fa i miracoli, che si mette in sintonia con la forza della

>vita con l’azione creatrice per questo la preghiera per questo Gesù si

>caricava continuamente aveva bisogno di pregare si ritirava la sera sul

>monte perché aveva dei limiti nella sua azione Gesù non ha guarito tutti

>gli ammalati che ha incontrato per la strada o guariti tutti ciechi che

>c’erano al suo tempo c’erano dei limiti anche nella sua azione, dice Marco

>che a Nazareth non fece non riuscì a fare nessun miracolo perché c’èra un

>ambiente ostile, allora cos’è il miracolo è quella azione straordinaria che

>noi, che le creature riescono a fare quando si aprono così all’azione di

>Dio a saperla tradurre in gesti straordinari che non sono quelli quotidiani

>ma è sempre è la creatura che fa i miracolo sempre la creatura non è Dio

>che fa i miracoli è la creatura che si mette così in sintonia con l’azione

>di Dio da saperla fare fiorire in modo nuovo, in modo straordinario ma

>questo avviene anche a noi quotidianamente non a livello di miracolo, ma vi

>accorgete voi ci sono dei giorni in cui riusciamo a intuire le cose, ad

>esprimerle, non so a fare qualcosa in un modo ottimo e il giorno dopo non

>riusciamo a far nulla, dice come ieri sono riuscito a farlo perché che

>cos’è questo perché noi non siamo i viventi cioè non siamo noi la fonte di

>ciò che facciamo, è la vita e più grande di noi ci sono dei giorni in cui

>ci mettiamo in sintonia così con l’azione creatrice con la forza della vita

>che riusciamo a farla fiorire in noi in un modo più ricco Gesù era talmente

>fedele all’azione di Dio in lui che riusciva a esprimerlo in un modo

>straordinario cosa che gli altri non riuscivano a fare nel suo tempo ma per

>questo era un uomo di preghiera profonda, continua, Gesù ogni giorno andava

>a pregare sui colli, si ritirava, si ritirava da parte perché pregava

>quando avevano quei modelli credo monofisitici cioè pensavano a Gesù tutto

>già perfetto già divino fin dall’inizio non riuscivano a capire perché Gesù

>pregava, lo stesso San Tommaso nel Medioevo si interroga e dice ma perché

>Gesù pregava?

>

>

>Giro lato cassetta II°

>

>

>……. buono esempio, si ritirava in luoghi solitari, abitualmente non lo

>vedeva nessuno, non aveva nessuna preoccupazione di dare il buon esempio,

>altrimenti non vedevano la ragione, ma in questa prospettiva, nella

>prospettiva dei Vangeli la preghiera per Gesù era una cosa essenziale era

>il momento in cui la parola in lui diventava pensiero carne, cioè

>desiderio, gesto, capacità di dono degli altri, pensate a questo crescere

>di Gesù nella comunione con Dio, così da tradurre nei suoi gesti, nella sua

>vita la forza che gli veniva da Dio per cui poteva dire, Giovanni traduce

>bene questo, io non faccio nulla da me stesso il padre compie in me le sue

>opere, noi dovremmo vivere così in comunione con Dio da poter dire che noi

>ogni giorno, io non sono buono come diceva Gesù appunto, io non sono buono,

>io non faccio nulla da me stesso le parole che io vi dico non sono mie il

>Padre compie in me le sue opere (interviene qualcuno dalla sala) … Allora

>spiego bene: Gesù va a fare la cerimonia, l’avevano preparato Maria e

>Giuseppe per questo, poi c’era una sinagoga vicino al tempio dove

>ricevevano l’ultima preparazione, Gesù era un ragazzo molto intuitivo e

>profondo, si era appassionato in modo straordinario a questi problemi per

>cui aveva detto ai suoi genitori mi voglio fermare, ho dei problemi da

>risolvere, voglio fare delle domande ma quelli non hanno dato importanza

>come spesso succede per gli adolescenti, va bene lo vedremo e vanno al

>tempio e fanno la cerimonia e Gesù poi come aveva progettato resta lì per

>far che quando tornano i due lo trovarono dopo tre giorni lo trovarono nel

>tempio seduto in mezzo ai dottori nel tempio mentre li ascoltava e faceva

>domande come un ragazzo che è interessato, ascoltava e faceva domande ora

>chi è che ascolta e fa domande che vuole imparare che è interessato, non è

>la prima omelia che fa non è (voci dalla sala) va bene va bene però è una

>domanda, no non è stato messo all’indice, è stato allontanato

>dall’insegnamento, in ogni caso quello dei generi letterari è pacifico non

>ci sono dubbi però l’episodio ha un fondamento perché realmente anche oggi

>i ragazzi che non fanno domande nelle scuole ebraiche vengono considerati

>non religiosi, non degni di entrare nel regno, se il rabbino al tempo di

>Gesù diceva se non poni domande, se non fai domande non entri nel regno,

>Gesù ascoltava e faceva domande, sono rimasti meravigliati, stupiti, figlio

>perché ci hai fatto così tuo padre ed io angosciati ti cercavamo e ed erano

>pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte, cioè perché

>poneva domande e interrogava mostrava intelligenza ma non è che dice delle

>cose che gli altri non sapevano sta lì per imparare, pone domande, e poi è

>chiaro che loro dicono, tuo padre ed io angosciati ti cercavamo e lui dice

>perché mi cercavate, non sapevate che devo occuparmi delle cose del padre

>mio e che cosa sono le cose del padre mio i problemi religiosi, quali sono

>le cose del padre mio, gli ebrei dicevano Dio padre mio, padre nostro (voci

>dalla sala) questo quando mai ma questo non perché dice padre mio, quando

>va perché Gesù quando va a Nazareth ti dice delle cose parla della sua

>esperienza spirituale e dice delle cose che sono per loro sorprendenti

>perché loro dicono non è il figlio di Giuseppe questo, forse probabilmente

>è cosa vuol dire, che è non è figlio di Giuseppe (interviene Barbaglio) la

>parola aramaica nel Vangelo di Marco e poi abbiamo due testi in Paolo

>Galati, 4 e Romani che viene richiamato Abba ora questo Abba è un vocativo

>aramaico o padre mio questa come appellativo in povere parole questa come

>appellativo nella preghiera o Padre mio ecco questo appellativo è originale

>di Gesù, Gesù aveva una sensibilità particolare verso il Dio padre e aveva

>questa familiarità filiale noi diremmo nei confronti del padre, c’è questo

>elemento di Gesù ha costruito dentro di sé una immagine paterna di Dio che

>era una immagine anche tradizionale ma con accenti originali allora questo

>non vuol dire la sua divinità tant’è vero che lui poi dice che il piccolo

>gregge cioè il suo padre, il padre del suo gruppo non è un padre esclusivo

>suo è il padre del gruppo ecco però poi bisogna riconoscere che Gesù aveva

>una coscienza di sé di essere per esempio il mediatore di questa regalità

>di Dio per non parlare poi di quello che è diventato nella risurrezione

>però come dire è un cammino umano, straordinario pieno di spiritualità di

>sensibilità religiosa questo è importante però lì su l’Abba ecco abbiamo

>una originalità su questo modo di chiamare Dio in modo filiale, papà non è

>la traduzione buona papà ma padre mio si, padre mio sì (Raniero interviene:

>non è bene perché avete suscitato passioni).

>Voce: è chiaro che il recupero della umanità di Cristo è fondamentale tutto

>sommato però a me sembra che ci siano degli elementi che depongano per

>qualche cosa di più che non sia solo una particolare sensibilità di questo

>uomo verso Dio come per esempio adesso Abba etc. come quegli elementi che

>in qualche modo sono anche usciti fuori da questa discussione etc. ora

>adesso il discorso potrebbe essere lunghissimo non finire mai etc. però per

>esempio quel testo di San Paolo quando dice abbiate gli stessi sentimenti

>di Cristo il quale pur essendo di natura divina non ha voluto tenere questa

>sua identità in maniera così gelosa, tenerla per sé ma si è svuotato, no! E

>poi l’altro elemento fondamentale il motivo per cui è stato messo a morte

>almeno da un punto di vista diciamo così formale etc. si era fatto essendo

>un uomo simile a Dio, si sono stracciate le vesti perché era la bestemmia

>etc. e in fondo Paolo quando poi ha chiesto le lettere per andare a

>colpire questa setta che per lui era una setta che doveva essere eliminata

>e lui era convinto lui che era una setta e che un uomo essendo un uomo si

>era proclamato Dio e quindi doveva essere questa setta praticamente

>sterminata e poi c’è stato l’evento il viaggio a Damasco che chiaramente

>l’ha sconvolto è chiaro che gli ha fatto vedere e capire. le cose in una

>altra dimensione ecco è ovvio che nessuno di noi può dire perché noi non

>l’abbiamo l’esperienza di Dio perché siamo uomini è chiaro che più

>camminiamo no con la spiritualità con la meditazione e con quel percorso

>della santità insomma, più camminiamo verso Dio e più in qualche modo non

>che capiremo perché Dio nessuno lo capisce ci affiniamo, ci avviciniamo

>ecco però ecco quello che viene fuori oltre che da tutta la tradizione

>cristiana ma adesso rimaniamo diciamo ad una riflessione così dei testi

>quello che viene fuori in questo uomo perché indubbiamente era un uomo è

>chiaro che non bisogna far l’errore di perdere no dice no era solo una

>parvenza in croce c’è andato un altro, ed è chiaro non bisogna fare quelle

>errore là ma a mio avviso non bisogna neanche fare l’errore di svuotarlo e

>perché a mio avviso c’erano ecco io non so dire come chiaramente però una

>presenza reale di questa natura divina di cui San Paolo dice lui si è

>svuotato di tutto questo e della natura umana che c’era e poi chiaramente

>capire come queste due cose camminavano insieme, ecco ed è bene che ne

>discutiamo e dovremmo passare la vita a discutere di questo poi a meditare,

>a riflettere perché non è solo una discussione però ritengo che debba

>essere però almeno messa in evidenza con una maggiore enfasi la presenza di

>questi due aspetti grazie

>Riprende Barbaglio: io tornerei su questo punto cioè Gesù complessivamente

>preso è una straordinaria grandezza insomma ecco allora questa

>straordinaria grandezza usiamo questo termine un po’ generico, ecco noi la

>possiamo comprendere penetrare, assimilare, meditare tutto quello che

>volete viverne cioè con uno sguardo come dire che cerca la radice nella

>eternità, nel passato eterno o nel futuro escatologico cioè questo è un

>punto a mio avviso decisivo cioè quando noi vogliamo cogliere, pensare,

>certo puoi i due modi di procedere vanno anche bene perché si tratta di

>spiegare questa chiamiamola in termini generici straordinarietà ecco non so

>per chi ha una sensibilità ebraica come Paolo etc. lui guarda sul futuro

>cioè come dire la verità sta nel futuro non nell’originario non so se rendo

>l’idea ecco allora un pensiero greco andava all’archè ecco per spiegare

>sempre lo stesso fenomeno, allora io credo che è interessante che noi poi

>però ecco Giovanni parte dalla archè, è narchè in principio invece Paolo

>come dire ha come motivo l’escaton perché è una mentalità escatologica che

>è fondamentale anche in GEsù, ecco io credo che per una sensibilità nostra

>oggi potrebbe essere pedagogicamente più interessante proprio questo

>elemento che poi è in tutti i discorsi di Carlo Molari quello che lui

>chiama l’evoluzione, etc, e cioè l’escaton il traguardo, tanto è vero che

>Gesù non è ancora il curios che è stato proclamato, non lo è ancora, però

>ha incominciato ad esserlo e allora quando Dio sarà tutto in tutti 1°

>Corinti cap. 15 allora guardiamo in avanti così anche nella nostra vita

>guardiamo in avanti e questo mi sembra una cosa importante la

>straordinarietà di Gesù è in termini generici l’oggetto della nostra fede

>però noi abbiamo anche una mente, vogliamo pensare come si dice, Habermas

>diceva che Paolo è stato il santo protettore di quelli che pensano nel

>Cristianesimo e che ha dato diritto al pensiero nel Cristianesimo e allora

>siccome abbiamo questo noi vogliamo anche pensare ed è stato pensato lungo

>i secoli ripeto con diverse prospettive, questa retroprospettiva che va

>all’indietro, alle origini e questa prospettiva che guarda in avanti, ho

>l’impressione che oggi noi potremmo pensare per noi, pensare a questa

>straordinarietà di Gesù guardando in avanti.

>

>Interviene Paternò Francesco:

>Abbiamo rilevato una particolare sensibilità, poi una personalità

>eccezionale che però poi almeno nelle acquisizione da mille anni o duemila

>che sia è diventata anche la seconda persona della Trinità, a questo punto

>io voglio capire quando è che diventa terza persona della Trinità, se lo

>era già previsto, se lo era già o viceversa lo è diventato con la

>resurrezione e comunque allora in questi casi ci sarebbe anche la risposta

>a Kant il quale diceva ma insomma se è uomo è Dio allora se Dio ha

>veicolato questa umanità che quindi non ha potuto acquisire quei

>particolari meriti per la questione che era già Dio ecco e rimane come è

>noto questa domanda di Kant almeno per mia conoscenza senza risposta,

>allora voglio capire la collocazione come seconda persona della Trinità,

>Padre, Figlio e Spirito Santo.

>

>Risponde Carlo Molari:

>La seconda persona della Trinità è il Verbo Eterno non è Gesù, Gesù è

>l’icona, il Verbo generato dalla Trinità, Gesù è generato nel tempo, è nato

>nel tempo come creatura cioè il nome Gesù è il nome della creatura che è

>nato in un determinato momento e in un determinato luogo che parlava una

>determinata lingua che ha vissuto una determinata storia che per la sua

>fedeltà è stato l’ambito dove l’azione di Dio si è rivelata per cui viene

>chiamato icona di Dio, in questo senso, quindi il termine figlio di Dio ha

>diversi significati, nella Bibbia per esempio nel libro della Sapienza vuol

>dire il Giusto, oppure viene anche detto il re veniva chiamato figlio di

>Dio, l’Unto, poi è Gesù in questo senso può essere detto figlio di Dio,

>come Giusto, come Unto, come Messia e invece poi nei secoli successivi, in

>fondo la formulazione ha avuto una sua canonizzazione a Nicea nel 325

>quando fu condannato Ario il quale affermava che il Verbo Eterno era una

>creatura, era la prima delle creature, quello che chiamiamo il figlio

>eterno cioè il Verbo era una creatura e fù condannato perché ne veniva di

>conseguenza che siccome il Verbo Eterno si era espresso era diventato carne

>in Gesù, allora non c’era nessuna relazione con la divinità in Gesù ma con

>la prima creatura di Dio, per questo Ario fù condannato a Nicea nel 325 ma

>questa è stata la formulazione perché Ario che era un prete di Alessandria

>negava la divinità del Verbo Eterno ma nella terminologia nostra non c’è

>problema il figlio eterno è il Verbo che in Gesù si è espresso in chiave

>umana così da renderlo Signore, Figlio, Chirios ma nella resurrezione in

>questo senso Gesù non è una componente della Trinità perché la Trinità è la

>realtà divina così come noi riusciamo ad esprimerla tenendo fisso lo

>sguardo su Gesù perché le formule trinitarie sono sorte nell’ambito dei

>discepoli di Gesù per esprimere proprio il rapporto vissuto con Dio nel

>tempo e se permettete vi richiamo alla ragione di questo fatto perché

>vedete le formule trinitarie sono sorte nell’ambito dei discepoli di Gesù

>non è stato deciso da nessuno sono sorte così spontaneamente, perché

>difendere il rapporto con Dio come Gesù lo ha vissuto e quindi nei

>discepoli tenendo fisso lo sguardo su di lui ne è venuto proprio una

>conseguenza immediata che il rapporto con Dio è stato modulato

>trinitariamente secondo le tre dimensioni del tempo cioè il passato, il

>presente e il futuro, perché vivendo nel tempo, tenendo fisso lo sguardo su

>Gesù, e Gesù è nel tempo, il rapporto con Dio dei discepoli di Gesù era un

>rapporto modulato temporalmente nel presente perché si accoglieva l’azione

>di Dio qui ora che diventava poi il frammento di vita che conduce

>all’identità dei figli, tutto questo avveniva nell’ascolto della parola che

>fluiva dal passato, con il termine parola si indicava la forza creatrice in

>quanto è diventato evento di salvezza che veniva accolto, ricordato nella

>celebrazione e quindi la fede fa rivolgere lo sguardo al passato per

>accogliere la parola e l’attesa del dono di Dio che non abbiamo ancora

>potuto accogliere il che veniva chiamato spirito, Giovanni dice cap.VII°

>versetto 37 che è per i discepoli di Gesù lo spirito non c’era ancora non

>era ancora stato dato perché Gesù non era stato glorificato cioè con il

>termine spirito i discepoli di Gesù indicavano quella novità di vita che

>fluiva dal futuro e che veniva continuamente atteso nella speranza per cui

>il rapporto con Dio dei discepoli di Gesù era un rapporto modulato

>trinitariamente questo certo che rivela una realtà divina perché il tempo è

>creato da Dio riflette l’eternità divina cosa sia però in Dio questo noi

>non lo sappiamo quindi quando diciamo padre figlio e spirito noi parliamo

>delle modulazioni con cui gli uomini vivono il rapporto con Dio quello che

>i teologi con un termine tecnico chiamano la trinità economica ma non

>perché sappiamo cosa sia Dio in sé non lo possiamo sapere (Contestazione da

>parte del pubblico) ma nell’Illuminismo era così se si ma infatti

>l’illuminismo non ha colto il problema di Gesù in modo retto.

> Interviene Nando Peloso:

>Domando, vorrei sapere se la domanda che pongo è giusta o meno, a Molari

>siamo in ritardo con il cammino dell’umanità e questo dipende dalla nostra

>trascuratezza nella predicazione delle regno e così allora chiedo l’umanità

>cioè il regno continua a crescere e l’umanità conscia o meno collabora al

>continuo sviluppo della creazione in questo caso vuol dire che noi siamo

>destinati trascurando questa predicazione del regno siamo destinati ad

>essere sempre all’inseguimento del tram ?

>Risponde Carlo Molari: prima di tutto ci riferiamo alla piccola storia

>umana perché adesso parlare in chiave cosmica non è più possibile dato che

>sappiamo che la terra è un piccolo frammento ora certamente per la terra il

>regno di Dio procede le forme nuove di giustizia di fraternità di

>condivisione le esigenze per cui i poveri gridano è l’esigenza delle regno

>di Dio perché in questo senso l’azione di Gesù è stata rivelatrice si è

>rivolta agli ultimi ai diseredati agli emarginati dicendo che a loro,

>l’azione di Dio era rivolta per sollevarli dalla loro condizione o ora

>quest’annuncio deve continuare nel tempo perché il regno di Dio viene è se

>non siamo in ritardo e se non accogliamo l’azione di Dio siccome l’azione

>di Dio esiste nella storia solo quando diventa carne umana è oggi la carne

>umana siamo noi e la nostra generazione se noi non accogliamo l’azione di

>Dio e non la traduciamo in progetti di fraternità di condivisione di

>sollevamento degli ultimi dei poveri noi siamo destinati a scomparire cioè

>l’umanità oggi è in rischio di distruzione totale per cui accogliere il

>messaggio di Gesù oggi è l’unica salvezza che l’umanità ha io spesso cito

>Andrè xxx per l’affermazione che fa in quel libretto di Gesù e Paolo figli

>di Israele, dove dice fratelli miei dobbiamo riscoprire le melodie di

>questo genio, si riferisce a Gesù, perché oggi è l’unica speranza che

>l’umanità ha, lui lo dice da ebreo dobbiamo riscoprirlo perché l’apocalisse

>dice lui non è più solo una descrizione letteraria una possibilità oggi è

>una realtà a portata di mano degli uomini perché esiste già la bomba che

>può distruggere l’umanità e forse esiste già anche la mano che la può

>innescare, l’unica possibilità che abbiamo dice Andrè xxx è che gli uomini

>imparino ad amare come Gesù ha insegnato, questa è l’unica possibilità che

>ci resta quindi per noi questo è un dato fondamentale cioè diventare così

>testimoni dell’efficacia del Vangelo che Gesù ha vissuto e ha disegnato

>perché è la speranza che gli uomini ora hanno per poter continuare la loro

>storia quindi la posta in gioco non è molto semplice è la continuità della

>storia umana.

>Interviene Antonella Di Fabio:

>Nella professione di fede che facciamo in Chiesa noi diciamo credo in un

>solo Signore Gesù Cristo unigenito figlio di Dio nato dal padre prima di

>tutti i secoli Dio da Dio luce da luce etc. etc. generato non creato della

>stessa sostanza del padre che si è incarnato nel seno della vergine Maria

>si è fatto uomo etc. etc. allora in Chiesa che diciamo?

>Risponde Carlo Molari: si noi dobbiamo usare quella comunicazione degli

>idiomi di cui ho parlato prima cioè quando utilizziamo la formula

>trinitaria applicata lì al credo nel simbolo degli apostoli, nella formula

>è diversa, ma in ogni modo quello è il simbolo niceno-costantinopolitano

>quando parlano del Verbo Eterno parlano in senso concreto perché si è

>manifestato, è diventato carne di Gesù ma è la comunicazione degli idiomi

>perché non è Gesù attraverso cui tutto è stato fatto è il Verbo eterno, la

>parola eterna ma siccome nella storia umana la parola eterna si è espressa

>compiutamente nella carne umana che ha condotto Gesù a diventare kirios

>figlio di Dio allora questa proprietà questa caratteristica della creazione

>viene attribuita a Gesù Cristo ma è del Verbo eterno quello che appunto i

>padri chiamavano la comunicazione degli idiomi per cui chiamavano Maria

>madre di Dio per esempio, Maria madre di Dio non lo è in senso proprio ma

>nel senso della comunicazione degli idiomi, per la relazione che Gesù ha e

>questo è chiarissimo questo non ci sono dubbi perché ve l’ho già detto

>prima il Verbo essere ha due significati come copula o indica l’identità

>come quando diciamo Pietro è uomo o indica la relazione come quando diciamo

>Pietro è un leone, così dicendo Gesù è uomo affermiamo l’identità dicendo

>Gesù è Dio affermiamo la relazione in quanto in Gesù l’azione di Dio si è

>rivelata, si è espressa in un modo compiuto capito? Queste sono cose

>semplici appartengono proprio ai dati elementari anche dell’uso del

>linguaggio umano non ci sono difficoltà a capire questo, voglio dire nelle

>regole è così che nell’uso ecclesiale questo si sia dimenticato questo è

>vero (sono due mila anni) no no e negli ultimi quattro secoli che è nato .

> Raniero La Valle: sono le 7, 30 mai abbiamo fatto il seminario che è

>durato più a lungo questo è un record assoluto, per essere una scuola laica

>la nostra abbiamo fatto una bella discussione religiosa oggi però mi pare

>anche che mai nessuna discussione religiosa è stata mai così laica come

>questa quindi i conti tornano:. Io volevo fare solo una osservazione: mi

>sono reso conto in questa lunga discussione che il tema che avevamo posto

>che era quello del servo e del lavoro ha molto più senso dentro la

>concezione tradizionale del cristianesimo a cui tutti noi siamo più o meno,

>cioè in quella impostazione è veramente sconvolgente, nella impostazione

>invece cosi di cui abbiamo prevalentemente parlato oggi è significativa

>(Molari: quando entra nella storia diventa schiavo, diventa dedito

>pienamente ai fratelli il che vuol dire che la dinamica divina conduce là)

>Raniero: si non è la dimensione etica ma nell’altra impostazione più

>tradizionale c’è proprio una questione di identità ontologica benissimo era

>solo una osservazione per dire perché questo discorso che abbiamo fatto

>forse potrebbe avere più impatto su dei nostri amici correligionari più

>tradizionali che non (Molari però non ridurlo solo a dimensione etica

>perché è teologale cioè non è un impegno dovuto all’osservanza di una

>legge, proprio scaturisce proprio da un’azione di Dio ha accolta ci

>costituisce figli attraverso il diventare servi gli uni degli altri)

>Raniero: questo è semmai la cosa che dobbiamo sviluppare; una sola

>osservazione vorrei fare cioè appunto sempre rilevando questa polarità che

>si è manifestata qui tra questi due modelli impostazioni eccetera ecco io

>non sono tanto sicuro che Calcedonia sia un modello oggi inservibile, io

>penso che anzi bisognerebbe fare lo sforzo di riscoprire e di modulare in

>termini anche alla cultura moderna comprensibili, i termini di Calcedonia

>perché io invece sono persuaso che Calcedonia rappresenta un tentativo

>straordinario di mettere insieme queste due dimensioni di cui abbiamo

>parlato oggi cioè mi pare che sia un punto di non ritorno naturalmente le

>cose vanno poi assunte in tutto il loro rigore etc. però mi sembra che il

>tentativo anche umano di esprimere questo mistero di questo rapporto tra

>Dio e l’uomo quale si è manifestato in Gesù, sia un tentativo assolutamente

>straordinario e al di là del quale proprio c’è il rischio di cadere nel

>monofisitismo ma non solo nel monofisitismo di Gesù solo Dio ma anche nel

>monofisitismo di Gesù solo uomo cioè al di fuori di Calcedonia, allora se

>come dice Carlo il Verbo stabilisce sia una identità sia una relazione

>allora preso il Cristo e Gesù e Dio nel senso appunto della relazione

>allora Calcedonia può essere precisamente il tentativo di esprimere allora

>insomma Cristo è Dio diventa una metafora del rapporto tra l’uomo e Dio tra

>tutta l’umanità e Dio no? Se Cristo è Dio vuol dire è il rapporto tra Gesù

>e Dio allora questa relazione espressa in Gesù diventa il modello, il

>topos, l’icona, il paradigma del rapporto tra l’umanità e Dio allora in

>questo senso i quattro termini di Calcedonia sono straordinariamente

>importanti e fondamentali perché da un lato vuol dire che l’uomo non si

>muta in Dio e Dio non si muta nell’uomo quindi tutti i pasticci le

>confusioni eccetera non c’è confusione quindi nessuno si può fare Signore

>nessuno si può fare specchio dell’onnipotenza divina nessuno può farsi

>giudice come Dio, cioè tutta questa grande cosa anti idolatrica, anti

>integralista, anti fondamentalista è tutta racchiusa dentro questa

>affermazione della non confusione però non divisi e non separati, cioè

>l’umanità e la divinità, l’uomo e Dio non si possono dividere il che è vuol

>dire che proprio non sono per così dire configurabili, modulabili nella

>separazione, allora da un lato quindi tutti la tendenza anti integristica e

>quindi la non confusione, la non mutazione eccetera ma dall’altro la non

>separazione cioè il legare questa prospettiva umana a questa promessa di

>salvezza divina allora dentro questo modello il discorso del servo, del

>dulos, del lavoro assume un rilievo io credo molto grande perché non solo

>vuol dire amatevi gli uni gli altri e servitevi gli uni gli altri cioè

>recitate una diaconia gli uni con gli altri ma vuol dire voi siete gli

>ultimi degli uomini che in questa relazione dell’uomo con Dio, Dio ha

>assunto come la vera umanità come l’umanità che è lei Signore della storia,

>e l’umanità degli esclusi, di quelli che sono dipendenti dagli altri

>eccetera quindi solo una dimensione etica come dici tu, ma è una dimensione

>di annuncio ma anche di annuncio cioè dire al servo, ai servi di oggi

>guardate non i signori che sono che scimmiottano la figura di Dio ma voi

>servi, voi schiavi, voi neri, voi indigeni, voi donne, voi omosessuali,

>etc. voi siete quelli che rappresentate (Molari¨la teologia della

>liberazione è questo che dice.

>Interviene Barbaglio: comunque adesso non esageriamo su questo Concilio di

>Calcedonia, vorrei vederti spiegami i due concetti di natura e persona due

>nature e una persona: l’altra cosa è questo il modello di Calcedonia è

>pensato secondo la cultura greca dove la verità sta nell’eternità, invece

>il cammino biblico eccetera è sull’escatologia, sul futuro allora tu lo

>vuoi prendere diciamo come modello l’eternità e come il modello della

>verità tienitelo però non dire che l’altro modello cioè quello escatologico

>è meno interessante, io penso che oggi come oggi noi moderni dove il

>concetto del movimento dell’andare verso i traguardi eccetera io ritengo

>che sia molto più fruttuoso:

>Raniero: ma non c’è incompatibilità secondo me, ma a io adesso non ho

>competenza non voglio questo per dire che i problemi sono grandi e aperti

>non li chiudiamo e mi pare che abbiamo fatto una discussione molto

>interessante che questa piccola nostra iniziativa serva anche a questo non

>mi sembra una cosa da poco. Grazie e ci vediamo e saremo convocati a

>domicilio .

Vasti, seminario del 20 Maggio 2006